Quanto stress abbiamo accumulato negli ultimi due anni a causa della pandemia?
Le nostre abitudini sono state stravolte, ci siamo sentiti spaventati, persi, privati della nostra libertà. Ci siamo però anche adattati alle restrizioni e alle nuove regole per tutelare il bene più prezioso: la nostra salute e quella degli altri.
Provate a ripensare ai primi mesi in cui non sapevamo cosa fosse il Covid 19, agli arcobaleni disegnati dai bambini con la scritta “andrà tutto bene” per cercare di diffondere un briciolo di speranza e positività.
La pandemia ci ha obbligato a lavorare da casa e molti hanno chiamato questa modalità “smart working”, ma di smart aveva ben poco… con il senno di poi, e passato il primo entusiasmo, ora siamo tutti consapevoli che il lavoro “smart” è tutt’altro!
Reclusi, isolati, ma iperconnessi. La pandemia ancora in corso ormai ci sta costringendo a forzare molti dei nostri limiti, spingendoci in una sindrome di adattamento praticamente costante. Questo viene percepito come una violazione della nostra sfera più intima. E anche il nostro cervello “soffre”.
Da remoto, infatti, il cervello va più facilmente in sovraccarico perché deve compensare la mancanza di informazioni legate al linguaggio non verbale e sensoriale… nel cervello scatta una sorta di meccanismo di iper vigilanza e questo è faticoso. È più difficile mantenere la concentrazione oltre un certo periodo di tempo.
Di persona, invece, il cervello processa meglio il linguaggio non verbale, mentre da remoto risulta più complesso. Per descrivere meglio questo fenomeno è stato coniato il termine “Zoom Fatigue”, letteralmente “affaticamento da Zoom”, ma si estende a tutte le video-chiamate.
Zoom Fatigue è l’insieme di sintomi come stanchezza, stress ed emozioni negative, anche non immediatamente riconoscibili, dovute ad un uso eccessivo di interfaccia virtuale per riunioni di lavoro e sociali/familiari. Troviamo questo nuovo termine per la prima volta in un articolo del National Geographic, datato maggio 2020, per mettere in evidenza l’affaticamento da video-chiamata.
Un altro fattore di stress importante è il time-lag comunicativo. La comunicazione virtuale non è fluida come quella in presenza, perché contiene una barriera intrinseca, che è il mezzo adoperato: la connessione internet che va via nel bel mezzo di un discorso, un link che non si apre, una voce non in sincrono, una chiamata senza risposta. Viene meno gran parte del linguaggio corporeo, para-verbale.
Ma questa situazione particolare ha un altro risvolto: gli introversi e tutti coloro che hanno difficoltà nei rapporti sociali si sentono più a loro agio in queste nuove modalità di relazione e di lavoro. Il problema, però, è che a lungo andare questo nuovo modus vivendi potrebbe esasperare un disagio e avere impatto sulle relazioni sociali.
Ecco i 3 passi da percorrere per non farsi travolgere da questa nuova tipologia di stress:
- Coltiva interessi ed hobbies che non coinvolgano la sfera virtuale: ad esempio il bricolage, la lettura (ma solo di libri cartacei), il giardinaggio.
- Metti in pratica il cosiddetto diritto alla disconnessione, per stabilire una linea di demarcazione quanto più possibile netta tra lavoro e vita privata.
- Prenditi cura di te stesso: anche se passi gran parte della giornata seduto davanti al pc, cerca di trovare le soluzioni che salvaguardano anche la tua salute fisica; ad esempio adotta una postura corretta agli accorgimenti per non stancare troppo la vista; vestiti comodo, ma mantieni un dress code adeguato. Evita di rimanere in pigiama!
Lo smartworking o meglio homeworking che stiamo svolgendo da inizio pandemia risente della mancanza di attività fisica. Esci a fare una passeggiata, lascia a casa la macchina ed effettua le piccole commissioni vicino casa raggiungendo la tua destinazione a piedi.
Last but not least: ricordati che la tua salute è sempre al primo posto! E tu sei il primo che può e deve tutelarla!
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