“Una spedizione preparata da mesi, l’arrivo nei primi giorni di giugno ai piedi del gigante himalayano: Nanga Parbat, 8.126 metri di quota, la nona vetta della Terra. Era la sfida dell’anno per Mario Vielmo, alpinista vicentino con dodici ottomila alle spalle, e i suoi compagni di cordata. Avevano trascorso un mese ad acclimatarsi e predisporre tende e tutto il necessario nei vari campi per attaccare la cima. Il giorno della salita finale, la sorprendente decisione: «Rinunciamo». Che per uno scalatore di questa vaglia significa sofferenza perché dietro c’è tutto un mondo di orgoglio e passione.”
Mitragliate di sassi – Il motivo è presto detto: «Caldo allucinante, il ghiacciaio era diventato nero, lo zero termico a oltre seimila metri e c’erano mitragliate di sassi. Abbiamo trovato gente che rientrava dopo aver tentato la vetta e raccontava di cadute di massi grandi come tavolini… No, non si poteva fare, il Nanga ha cambiato volto e ora non vuole più nessuno, dobbiamo rispettarlo». Ripresi gli zaini, hanno fatto marcia indietro. E per Mario, Tarcisio, Nicola e il portatore pakistano Ali l’avventura si è chiusa lì. «Troppo rischioso: sei legato a una corda e devi schivare i sassi, ne basta uno per spaccarti la testa, anche se hai il caschetto. Ho detto ragazzi, la cima rimane qui, sarà per un’altra volta», racconta al telefono ora che è sceso a valle e ha raggiunto la città, in Pakistan. Scelta fatta dopo che l’onda lunga della tragedia della Marmolada era arrivata fin lassù, nel Karakorum che è un po’ il trampolino di lancio verso l’Himalaya.
La Marmolada – «Lì ho perso un amico, Paolo Dani, guida alpina come me. Non volevo crederci quando l’ho saputo… è stato un distacco enorme che nessuno poteva prevedere… sta cambiando tutto, le temperature, i ghiacciai, le rocce». Cambiamenti figli di un clima diventato rovente, che Vielmo ha vissuto così sulle pendici himalayane: «Non gelava neanche di notte, nella parte bassa la neve era marcia. Ma questo è solo l’ultimo degli effetti. Negli anni ho visto i ghiacciai ritirarsi, abbassarsi. Ci sono cascate d’acqua anche di notte, cosa che una volta non succedeva… Perché non gela più ed è tutto in movimento… pazzesco». Per lui la soluzione, almeno per evitare altre sciagure, non può che essere quella: «Bisogna iniziare a monitorare le montagne, i movimenti dei ghiacciai, che sono uno diverso dall’altro e vanno tenuti sotto controllo. Stiamo parlando di un problema globale, che tocca tutti e tutto».
Il salvataggio – Lui che frequenta il mondo d’alta quota può testimoniarlo. Frane, valanghe, colate. Dalle Dolomiti all’Himalaya alla Turchia. Il 30 marzo Vielmo è stato protagonista di un salvataggio sul monte Baset, nel distretto di Gurpinar, sull’Altopiano armeno. Lì si scia ed era successo che un rialzo delle temperature aveva provocato una valanga imponente, 150 metri di fronte sceso per mezzo chilometro, che aveva travolto alcuni sciatori italiani, fra i quali un ex colonnello dei carabinieri forestali di Bassano del Grappa, Paola Favero. «Ne ho salvati due grazie all’Arva e diciamo che è stato un miracolo. Ma i miracoli possono anche non succedere e io penso che quando le condizioni sono come quelle che abbiamo trovato sul Nanga, è meglio tornarsene a casa. Delusi, certo, ma anche sereni per aver fatto la scelta giusta. Quel canalone era diventato una roulette russa. Andare avanti sarebbe stata una follia».
Scorre nelle vene, l’adrenalina: si mischia col sangue, ribolle, brucia, aumenta la frequenza cardiaca, dilata i bronchi, mollando una botta di vita a muscoli, cervello, fegato. O si sta attaccando, o si sta fuggendo – generalmente è in queste due “primitive” situazioni che essa fa la sua comparsa. Non oso immaginare quanta ne sia scorsa nelle vene di Mario lungo questi tanti anni di alpinismo, lo stesso Mario protagonista solo qualche giorno fa di una scelta dolorosa ma più che apprezzabile, descritta nell’articolo riportato qui sopra. Valutati scenario, testimonianze, dati oggettivi, statistiche, ha preso il suo tredicesimo ottomila, se l’è messo in saccoccia, ha atteso di smaltire l’adrenalina, e poi ha fatto rientro in città, decidendo di non rischiare, mettendo al sicuro l’incolumità propria e quella dei colleghi.
Talvolta il rischio è una componente inevitabile e si può esclusivamente gestirlo; talaltre è ben meglio eliminarlo, anche a costo di buttare tempo, risorse, investimenti, fatiche, sogni, obiettivi, aspettative, addirittura dignità, carriera, fama. Nessuno ci obbliga a fare nulla, anzi, nessuno può obbligarci a fare nulla.
Anzi, di nuovo, molto spesso la scelta più difficile è proprio quella di non agire, quando ci si aspettava di poterlo fare, o quando tutti si aspettavano di vedercelo fare. Avremmo mai davvero potuto definire coraggio, quello necessario per partire verso la cima, nonostante le condizioni avverse? Ma certo che no, ad esser delicati poteva trattarsi semmai di avventatezza.
Da questa vicenda, impariamo che è sempre bene valutare il rischio, prima di decidere se affrontarlo; impariamo che la montagna, e, più in generale, la natura va rispettata, che sia per sport, per lavoro, per avventura, e chi più ne ha, più ne metta; ci viene, infine, confermato da chi sta in prima linea che le condizioni climatiche stanno generando segnali sempre più anomali, e soprattutto, sempre più effetti imprevisti e pericolosi.
Tutte banalità e considerazioni sbrigative? Probabilmente, sì: queste tematiche sono all’ordine del giorno, soprattutto quest’anno, considerato il tenace e prolungato caldo di questa stagione estiva 2022.
Ma è proprio quando un qualcosa diventa banale, tristemente ripetitivo, ecco, il momento in cui si inizia a darlo per scontato, ed è proprio quello il frangente in cui si rischia grosso. Occhi aperti e mente lucida, sempre, ovunque e comunque. Perché la sicurezza non vale solo nei luoghi di lavoro, ma anche e soprattutto nella vita di tutti i giorni, quella stessa vita che ci propone rischi non precedentemente calcolati, valutati, magari nemmeno noti. Non stiamo parlando di un “state chiusi in soggiorno con il ventilatore acceso nelle ore più calde ed evitate cibi troppo calorici”; stiamo parlando di… Vivere con un occhio di riguardo: l’articolo 20, comma 1, è vero, parla di altre persone presenti sul luogo di lavoro… Ma siccome più di qualcuno è (ancora) in ferie, togliamo sul luogo di lavoro …e prestiamo attenzione!
…have rock and safe holidays: school’s out… for summer!
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