Mi ritengo un “rocker latente”, sono sempre stato eclettico nei miei gusti musicali ma il rock ne ha sempre fatto parte e in particolare il metal.
Non sono mai stato però l’archetipo del metallaro, sono uno di quelli di cui le persone dicono “ah ma ti piacciono quelli? Non l’avrei mai detto, uno come te!”.
Quello che voglio condividere con voi è il mio Giovedì 7 luglio. Bologna. Un giorno atteso da tanto, il concerto degli Iron Maiden rimandato già da due anni a causa della pandemia: quale miglior modo per tornare a vivere gli eventi dal vivo se non in occasione dell’unica esibizione in Italia di un gruppo leggendario come questo?
Arriviamo a metà pomeriggio senza fretta, questa deve essere una bella esperienza e non una sfacchinata. Inizialmente scorre tutto bene, il parcheggio è in prossimità dell’area ed è gestito in modo ordinato, fila per fila senza che si crei confusione; arriviamo poi al “biscione” di transenne per l’ingresso e anche qui l’ordine si vede (per rendere l’idea, seppure in un modo particolare, tra i commenti ho sentito dire vicino a me “oh tutti in fila per due sembra di essere il bestiame che va pian piano al macello”) e poi siamo finalmente dentro.
Il Parco Nord di Bologna è un luogo veramente particolare, un anfiteatro naturale in cui svetta al centro il grande palco e nell’area limitrofa sono collocati molteplici stand di Street Food per soddisfare veramente tutti i gusti.
Avevo già letto della decisione dell’organizzatore di realizzare un evento “plastic free”: con 2 euro di cauzione prendi il tuo bicchiere riutilizzabile e poi paghi di volta in volta quello che vuoi bere, puoi prendere liberamente acqua in un’area apposita (e sottolineo che l’acqua naturale che potevi comprare era del tipo in lattina e non in bottiglia di plastica).
Ci accomodiamo sulla collina che circonda il palco e poi si comincia: aprono le danze i Lord of the Lost, gruppo rock gotico tedesco e interessante scoperta, proseguono alla grande gli Airbourne, gruppo australiano con uno stile fortemente ispirato agli storici AC/DC, ammetto non conoscevo ma che approfondirò sicuramente.
L’energia delle persone presenti era palpabile, qualcosa che mancava da troppo: la voglia di divertirsi, la voglia di stare insieme e godersi un bell’evento senza pensare ad altro che a divertirsi.
In lontananza, dietro al palco, iniziano a farsi vedere delle minacciose nubi nere e un velo di preoccupazione si fa strada tra i presenti, me compreso, ma vogliamo sperare che sia solo un falso allarme, un qualcosa di passeggero.
Il tappetto di nubi nere si inizia a stendere sopra l’Arena Joe Strummer (il Parco Nord di Bologna è stato intitolato nel 2013 al famoso cantante dei The Clash nel 2013) con lo sgomento crescente da parte di tutti i fan presenti.
Iniziano i lampi che illuminano il cielo ormai diventato nero, il vento aumenta l’intensità e le bandiere sugli stand sventolano tese… l’inizio perfetto di una brutta storia.
Sono quasi le 21, ora in cui dovevano salire sul palco gli Iron Maiden e invece arriva il primo annuncio da parte di Matteo (non useremo un nome di fantasia per garantire l’anonimato) che chiede a tutti i presenti nell’area pit (la più vicina al palco) di allontanarsi per ragioni di sicurezza: a causa del vento avrebbero dovuto abbassare i ledwall e le casse sulle torri Layher laterali, quindi l’area doveva essere sgombera per poter effettuare le operazioni in sicurezza (sono rimasto positivamente colpito lo ammetto)… aggiornamenti previsti tra 15 minuti.
Fischi e urla di malcontento si alzano da parte di molti dei presenti, sembravano quasi lavoratori a cui hanno appena comunicato di dover frequentare un altro corso di formazione sulla sicurezza con un docente di quelli accademici – che è politically correct rispetto a “incredibilmente noioso, monotono e non coinvolgente”.
Iniziano le operazioni di messa in sicurezza… e insieme inizia a cadere la pioggia.
Vento e pioggia imperversano, la gente cerca riparo come può… e può poco visto che l’area è completamente all’aperto, salvo alcuni gazebi dove pochi dei 30.000 presenti riescono a trovare riparo; gli altri si arrangiano alla buona con K-Way o sacchi e sacchetti forniti anche dagli stand Food con la voglia di aiutare le persone in difficoltà (ancora una volta ero positivamente colpito).
Il tempo passa quando, ad un tratto, un’orda di persone irrompe nuovamente nel pit, l’area a maggior rischio che era stata sgomberata e prendono posizione come in una battaglia campestre; un gesto inutile e soprattutto incosciente vista la condizione del tempo, ma sì che “tanto le cose brutte succederanno agli altri, mica a me” (adesso invece non ero più piacevolmente colpito).
Ancora qualche minuto, ancora acqua e vento ed ecco di nuovo la voce di Matteo (ancora una volta non userò nomi di fantasia) che chiede un attimo di silenzio… per molti queste poche parole sono già un’affermazione dell’epilogo della storia (direi un’ottima rappresentazione di comunicazione paraverbale).
Il buon Matteo ci dice che la Protezione Civile ha comunicato l’arrivo imminente di una tempesta e l’area sarebbe dovuta essere evacuata quanto prima per garantire la sicurezza di tutti, invitando i partecipanti ad allontanarsi da tutte le uscite a disposizione… il concerto era sospeso (direi che è evidente come non fossi più piacevolmente colpito, ma colpito e basta).
Si leva un malcontento generale, improperi, fischi e urla mentre da tutte le vie di uscita le 30.000 persone presenti si allontanano e per fortuna tutto procede per il meglio, sotto la pioggia che ancora cadeva.
Analizzando quanto accaduto, emergono sicuramente lacune nella gestione di una situazione di emergenza, che possiamo chiamare emergenza solo parzialmente: le previsioni del tempo davano già segni di una perturbazione, seppur non così accentuata, ma ad ogni modo non qualcosa di inaspettato e caduto dal cielo… o meglio in questo caso sì, è caduto dal cielo ma non era del tutto imprevisto.
La gestione/non-gestione delle persone che hanno ripreso posizione sotto il palco con i rischi del caso, a mio avviso, è riconducibile anche a una comunicazione inefficace e carente: dopo il primo annuncio delle 21, con la promessa di aggiornamenti dopo 15 minuti il tempo è passato, le condizioni sono peggiorate, tutti sono stati lasciati lì abbandonati e privi di informazioni (capisco che per gli organizzatori fosse una situazione non semplice ma non può essere comunque una giustificazione) e questo ha portato a comportamenti non corretti di persone senza una guida.
E ancora una volta il paragone col mondo del lavoro è immediato, pensando a quelle aziende dove i lavoratori non sono formati, non hanno procedure, non hanno preposti che stiano al loro fianco e li prendano per mano nel momento del bisogno: in una situazione di emergenza sicuramente qualcuno deve essere preso per mano.
Doveva essere una serata Rock e invece è stata una serata che ha fatto vedere come ancora ci sia tanto da fare, specie negli spettacoli, sul tema Safe.
PS: in tutto questo una nota negativa la devo assegnare ai Maiden, che in tutto questo non si sono fatti vedere e sentire, anche solo per un “ehi ci dispiace tanto ma è per la sicurezza di tutti” che avrebbe lasciato un bel segno.
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