Negli ultimi anni si è assistito ad un crescente sviluppo, a livello mondiale, della sensibilità nei confronti delle tematiche sociali e ambientali come conseguenza ai dati allarmanti che ogni giorno vengono comunicati. Sembra che non sia più possibile giustificarsi, nascondersi dietro l’ignoranza, non agire e non considerare la direzione in cui il mondo sta andando.
Nel mondo economico e aziendale tale sensibilità si è concretizzata con le Benefit Corporation, o Società Benefit, ovvero la risposta che le aziende si sono date alla questione di come dare il proprio contributo positivo. Accanto alle società benefit, concetti come green economy o economia circolare sostenibile si sono diffusi come soluzioni da adattare alle modalità con cui fare impresa.
Le Società Benefit sono realtà che includono, nel proprio statuto sociale, obiettivi sociali e di maggior valenza morale. Il concetto chiave è che tale inclusione non determini sacrifici o rinunce agli imprenditori, poiché gli scopi sociali sono integrati agli obiettivi economici, secondo una logica per cui perseguire tali scopi giovi anche economicamente al business. Molte ricerche hanno dimostrato infatti che le imprese orientate ad integrare la sostenibilità sociale e ambientale nelle proprie strategie di business sono quelle che riescono a creare un maggior valore nel lungo periodo, a garantire risultati economici più elevati, a ridurre i rischi aziendali, tra cui quelli reputazionali, e a migliorare il proprio rating, ovvero la capacità di attrarre finanziatori.
Come sintetizzato da Riccardo Sabatini, scienziato e imprenditore, “l’idea di benefit corporation è così ovvia che il contrario suona sospetto”.
Naturalmente, per un effettivo miglioramento delle performance economiche, è necessario che il raggiungimento degli obiettivi sociali e ambientali sia veritiero e concreto. È noto infatti, ad esempio, il fenomeno del Greenwashing, un ambientalismo di facciata che pubblicizza un’immagine non veritiera di sostenibilità presente solo negli slogan e non nei fatti. Obiettivi di facciata a parte, sono molti gli studi che dimostrano questa correlazione se l’intento è genuino.
Lo stesso fenomeno è riscontrabile quando, seguendo lo stesso meccanismo, si perseguono obiettivi di salute e benessere dei lavoratori all’interno di un’azienda.
Già nel lontano 1941 W.H. Heinrich (considerato da molti uno dei pionieri della sicurezza industriale) nella premessa del suo libro Industrial Accident Prevention evidenziava come la prevenzione degli infortuni sul lavoro fosse per gli imprenditori una proficua combinazione tra “umanitarismo” e “buon senso delle sane politiche aziendali”.
Ora, la tematica ambientale ha nell’ultimo periodo ottenuto un riconoscimento di enorme risonanza e senza precedenti. Tale riconoscimento è la conseguenza naturale degli effetti devastanti e palesi del cambiamento climatico.
Le conseguenze degli infortuni sul lavoro, purtroppo, non hanno ancora ottenuto tale status di notizia che generi così tanta consapevolezza, vuoi per il modo con cui sono comunicate, vuoi perché purtroppo spesso rimangono evidenti solamente alle vittime e ai loro familiari, con una minore percezione del “potrebbe accadere anche a me da un momento all’altro”, come avviene invece per i disastri ambientali.
Ma, come accade per i sistemi di gestione integrati, le tematiche non dovrebbero mai essere separate, diventando l’una il supporto dell’altra, in modo che i meccanismi virtuosi generati dall’una giovino anche all’altra.
Ancora una volta, il mondo delle imprese ha saputo congegnare una risposta efficace a una necessità emersa. Auspico che, nel breve, sempre più imprese vedano l’evidenza del vantaggio di perseguire tali obiettivi, in modo che sistema privato e normativo si muovano all’unisono per creare una vera cultura del rispetto delle persone e dell’ambiente.
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