A proposito di muri.
Il 7 novembre 1988 i R.E.M. pubblicavano “Green”, un album che segnava una svolta importante nella loro storia, sotto molti aspetti.
Il gruppo si era formato ad Athens, in Georgia, nel 1980 e dopo essersi fatto conoscere nei club dei college universitari, due anni dopo aveva pubblicato il primo EP. C’era stato allora un episodio curioso: pur avendo ricevuto un’offerta di contratto da parte della RCA, una delle maggiori case discografiche, i R.E.M. avevano preferito firmare per una piccola etichetta indipendente che non aveva mai pubblicato nulla negli Stati Uniti. Si trattava della IRS, creata qualche anno prima da Miles Copeland, fratello del batterista dei Police. Dopo quell’esordio, i R.E.M. pubblicheranno con IRS cinque LP, raggiungendo una moderata notorietà anche fuori dagli U.S.A. Per dire, io li conoscevo e avevo i loro dischi, ma era una cosa un po’ da iniziati. Nel 1988, scaduto il contratto con la IRS, i quattro decidono di cambiare strada e stavolta cedono al corteggiamento di una major. E che major: la Warner Bros. Records, nientemeno, la quale, naturalmente, li ha presi perché ha grandi progetti su di loro: i R.E.M. devono essere “the next big thing”, il nuovo fenomeno del rock mondiale. Dal canto loro, i quattro viaggiano ormai sul filo dei trent’anni, non sono più ragazzini e sanno che se falliscono, verranno scaricati. È la dura legge del business. Il gruppo ha già attraversato una crisi qualche anno prima, che li ha portati vicino allo scioglimento, loro sanno bene che non ci saranno altre occasioni: ora o mai più.
Si sa che il rock vive di grandi contrapposizioni, per la verità alimentate più dalla stampa che da vera rivalità fra gli artisti, ma così vanno le cose. Qual è la più grande rock band del pianeta? Gli U2. Un anno prima, a marzo 1987 avevano pubblicato “The Joshua Tree”, un successo planetario da 30 milioni di copie vendute. Bene, alla Warner hanno deciso che i R.E.M. saranno gli antagonisti degli U2. Dall’altro lato del fronte stanno invece i fan della prima ora, gli integralisti del “college rock”, che cominciano già a parlare di tradimento. Il bassista Mike Mills prova a sdrammatizzare: “Siamo qui perché amiamo Bugs Bunny”, ma non attacca. I duri e puri attendono con le armi spianate l’uscita del nuovo disco. In mezzo stanno loro, i R.E.M. Riuscite a immaginare la pressione?
Se gli U2 sono la più grande rock band del pianeta, va da sé che il cantante, Bono, è il più grande frontman del pianeta, il leader mondiale del rock. Il cantante dei R.E.M., Michael Stipe, invece, è tutto l’opposto di un frontman. Da ragazzo, lo racconta lui stesso, ha passato un anno intero da solo, praticamente senza parlare con nessuno. È timido, taciturno, introverso, e molto molto autocentrato, spesso si atteggia a poeta maledetto. Nei filmati dei primi concerti lo si vede, immobile sul palco, gli occhi chiusi, le mani sul microfono, a cantare, anzi meglio, a salmodiare in una sorta di mormorio che solo i più tenaci riescono a decifrare. Le liriche vengono poi scambiate tra i fan col passaparola, perché i R.E.M. si sono sempre rifiutati di pubblicare i testi all’interno del disco. Testi che comunque restano enigmatici, anche dopo essere stati trascritti, i poeti maledetti sono spesso poeti oscuri. Certo, con gli anni, Stipe ha imparato ad essere più sicuro di sé, a volte persino spavaldo. Almeno, così si mostra. Ma adesso lo spingono a fare da antagonista a Bono, lo candidano al ruolo di nuovo leader mondiale del rock, nientemeno.
Le grandi aspettative generano grandi responsabilità, e le responsabilità mettono pressione, è sempre stato così, e non solo nel music business. È un’esperienza che riguarda chiunque si sia trovato a ricoprire un ruolo da leader. La pressione eccessiva può facilmente indurre a estraniarsi, isolarsi dal mondo esterno, erigere un muro difensivo, come era successo a Roger Waters un decennio prima.
Il 7 novembre del 1988, dicevamo, esce “Green”. Meno di un mese prima era uscito il nuovo album degli U2, un doppio LP intitolato “Rattle and Hum”, non so se mi spiego. Prima ancora di ascoltare il disco, i fan dei R.E.M. notano una grossa novità: il testo. Non di tutto l’album, quello sarebbe troppo, ma il testo di un brano c’è, e la scelta non può essere stata casuale. Il brano è intitolato “World Leader Pretend”, che un po’ liberamente potremmo rendere con “Sedicente Leader Mondiale”.
Mike Mills ricorda di aver scritto la musica, averla passata, come di consueto, a Michael Stipe per le parole, e racconta che, ricevuto il testo, la sua reazione fu: “Ma noooo! Poteva essere una hit, che peccato…”.
“Siedo al tavolo, e faccio la guerra a me stesso
E mi sembra sia tutto, tutto inutile”
I testi di Michael Stipe sono sempre stati ambigui, non di rado oscuri, possono essere letti in più di un modo, hanno diversi significati sovrapposti, o anche nessun significato, a seconda del momento. Qui di certo c’è solitudine, ci si immagina il protagonista chiuso in una stanza, e c’è conflitto. È un conflitto interiore o esterno? Entrambe le interpretazioni reggono. Di sicuro il protagonista è sulla difensiva, chiuso in sé stesso.
Conosco le barricate, la calce nelle crepe del muro,
riconosco le armi, le ho usate bene
Ho piena conoscenza delle mie difese migliori
Intuisco le mie motivazioni più profonde
Riconosco le armi, le ho messe a punto io stesso
Stupefacente, per che razza di ordigni puoi provare simpatia/empatia
Dal vivo (sì, l’ho visto…), Stipe cantava questo pezzo rimanendo inespressivo e praticamente immobile, limitandosi a picchiare ossessivamente un bastone su una sedia. Isolati non si sta male, si è “Comfortably Numb”, anestetizzati, ma non si sta neppure bene, mai. È un errore. Nessuno è il centro del mondo, nemmeno un poeta maledetto.
Questo è il mio sbaglio,
Lascia che rimedi
Io ho alzato il muro, e sarò io a buttarlo giù.
In una intervista, Michael Stipe una volta aveva affermato che “Devi fare i conti con te stesso prima di agire all’esterno in qualsiasi modo”, e chiunque abbia ricoperto un ruolo di responsabilità sarebbe d’accordo. Ci si sente spesso terribilmente soli, e da lì bisogna partire, sempre. I due conflitti coincidono, e dunque:
Questo è il mio mondo, e io me ne proclamo leader
Questa è la mia vita
E questo è il mio tempo
Mi è stato concesso
Di fare come meglio credo.
È il momento, ho raso al suolo il muro che avevo eretto
Carica il mortaio
Io ho alzato il muro
E io, proprio io
Lo butterò giù.
Quasi esattamente un anno dopo, il 9 novembre 1989, mentre i R.E.M. erano ancora impegnati nel “Green World Tour”, cadrà anche l’altro Muro, il muro di tutti i muri.
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