Esattamente 42 anni fa, il 21 settembre 1979, fu scattata l’iconica istantanea che diventò la copertina di uno degli album più importanti della storia del rock: London Calling dei The Clash. Uno dei gruppi più conosciuti al mondo e i cui brani carichi di adrenalina tutt’oggi sono ballati nelle rockoteche di tutto il mondo. Eppure The Clash ebbero vita breve, come tanti degli dei del rock. La loro avventura cominciò nel lontano 1976 e divennero in men che non si dica una delle bandiere del punk inglese. Già nel 1983 Mick Jones e Nick Headon lasciarono la band che si sciolse definitivamente nel 1986.
Il punk inglese era l’espressione artistica che meglio dava sfogo alla working class inglese degli anni ’70. Era adrenalinico, era rabbioso, era distruttivo ed è proprio in quel momento che nei concerti nasce la moda, non proprio salutare, del pogo. Il movimento punk non riguardava solo la musica, ma era una forma di espressione e una filosofia di pensiero. Basti ricordare Vivienne Westwood e il suo negozio Sex.
Tornando a Joe Strummer & Co. non possiamo che soffermarci sulla foto forse più famosa del mondo del rock. Il 21 settembre 1979, durante il concerto dei The Clash al Palladium di New York, per una fortuita coincidenza l’istinto artistico di Paul Simonon, il bassista, e quello di Pennie Smith, la fotografa, diedero vita all’istantanea che divenne copertina del successivo album. Eppure a Pennie non piace essere ricordata per una fotografia sfocata, così come Paul non era molto contento di aver sfogato tutta la sua frustrazione su il miglior basso che aveva.
Perché Paul era frustrato? Eppure, a detta della band, fu un concerto che andò sommariamente bene. Il fatto è che l’uragano punk, che rapidamente aveva spazzato via lustrini e boccoli dei Led Zeppellin così come la psichedelia sofisticata dei Pink Floyd, stava cominciando a perdere la sua forza dirompente. Il punk, che aveva rivoluzionato il modo di fare rock, stava soffrendo la sua rivoluzione stessa e non sapeva come reinventarsi.
Nel modo in cui comunichiamo la sicurezza dobbiamo avere il coraggio di autodistruggerci e rinascere come un’araba fenice. Gli artisti ci insegnano che diventare la cover di sé stessi, come dice il mio amico Tommy, è un suicidio dichiarato. L’arte, la comunicazione e tutto ciò che entra in connessione con le persone richiede un continuo cambio di pelle. Il cambiamento è indispensabile per trovare nuovi stimoli e soprattutto evitare che anche il più dirompente dei messaggi, ripetizione dopo ripetizione, diventi una noiosa cantilena.
Smuovere gli animi e spingere le persone ad avere consapevolezza e motivazione verso comportamenti più sicuri è un arduo compito, figuriamoci se continuiamo a recitare di volta in volta la stessa omelia. Quindi non ci resta che metterci seduti, poggiare la puntina sul vinile di London Calling e lasciare la mente libera di trovare nuovi percorsi che permettano di arrivare al cuore delle persone. Nascerà la nostra Safety Calling.
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