R’Evolution vs Black Factory

di Sabatino De Sanctis
R’Evolution

Salve, sono Sabatino, ma tutti mi chiamano Doc. Sono un medico “unconventional” che ama più le officine che i puzzolenti corridoi intrisi di odore di alcool delle corsie degli ospedali tirati a lucido… o figuriamoci quelli delle cliniche specializzate. Bazzico i bassifondi della salute e della sicurezza fin da ragazzo. Ho frequentato per anni i peggiori luoghi in cui si lavora, si suda, si sputa sangue e troppo volte si muore. Navi, piattaforme, campi nei deserti, nelle foreste, nei Bush. Quando ti va bene e specialmente in certe giornate, in quei posti vedi topi scorrazzare con in bocca un dito o un lembo di carne perso o strappato dal corpo di un operaio.

Della lunghissima catena che compone la scala gerarchica del lavoro sono molto interessato all’ultimo anello, quello avvolto al collo di chi lavora. Quelli legati a quell’anello ai miei tempi li chiamavano operai, adesso blue collar. È Il colore che assorbe meglio il sudore e copre il colore del troppo sangue che scorre ogni giorno da quei corpi. Per me è stato sempre molto chiaro che sulla materia della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro si parla parecchio ed in troppi. Poi guarda caso che quelli che ne parlano sono sempre persone che non sano un cazzo del lavoro, di dove ci si sporca e ci si rovina le mani. La verità è che, questi disquisitori,  nella loro vita hanno solo e sempre parlato. Manine di fata curate come quelle di gentili signore inglesi, collezionisti di lauree e master attaccate sui muri come manifesti di un film che racconta sempre la stessa storia: LA TEORIA.

Bello scrivere i principi sulla carta, bello fare e rilasciare dichiarazioni, bello essere indignati dopo un incidente sul lavoro con l’aria condizionata accesa d’estate ed il riscaldamento in inverno. Teorie scientificamente esatte studiate nelle migliori università di questo Paese ma praticamente impossibili farle entrare in quei testoni bitorzoluti degli operai. Persone alle quali chiediamo solo di rischiare un po’ la vita e di fare in fretta, molto in fretta. C’è l’ape regina che ha bisogno di essere nutrita, che deve vedere la redditività aumentare, il profitto crescere e la reputazione migliorare. Ci sono i figli dell’ape regina a cui dobbiamo pagare il prezzo pattuito sempre più caro per l’investimento che hanno fatto per la macchina del lavoro che ci hanno permesso di creare.

Da un po’ di tempo e anche con un certo successo, sto cercando una soluzione nel tentativo di far interagire quelli che parlano con quelli che fanno. Ci sono almeno tre paletti che sono riuscito a conficcare nel loro terreno comune con lo scopo di trasformare quell’inferno in purgatorio:

La Fabbrica Nera, la R’Evolution e la Famiglia.

Cos’è la Fabbrica Nera o Black Factory? È una straordinaria  metafora sui comportamenti tossici che adottiamo al lavoro e nella nostra vita sociale, condizionati da regole incomprensibili e talvolta da interferenze umane. La fabbrica nera è una azienda fantasma che ha sede nei nostri uffici, nei nostri siti industriali, persino nelle nostre case. Essa ha un contratto con i nostri collaboratori, utilizza le nostre macchine e i nostri impianti, si approvvigiona presso i nostri fornitori e lavora per i nostri clienti. Ha un suo catalogo di prodotti: difetti , errori, fermi macchina, ritardi, disservizi, reclami, resi, contenziosi, stress, conflitti , tensioni, incidenti, scarichi inquinanti… per citarne alcuni.

È una azienda che non paga le tasse e ha un suo bilancio: l’unica particolarità è che il conto economico ha solo costi e nessun ricavo. La BF è il nostro peggior confidente e concorrente: vive e produce solo per danneggiarci. Quel che è peggio è che, scaricando le proprie responsabilità sul destino e sulla fatalità, le nostre Fabbriche Nere spesso giocano la loro carta peggiore:  la carta dell’incidente sul lavoro con il suo alone di morte, di dolore e di sofferenza.

Il mio invito è quello di scoprire, portare alla luce ogni Fabbrica Nera di ogni benedetto posto di lavoro. Lo scopo è mettere in discussione le abitudini radicate e l’uso delle scorciatoie quando si fanno azioni comuni o lavorative, soprattutto se alimentate da convinzioni operative fuori dalle regole. Mi interessa lavorare su questi comportamenti che considero attivatori dell’eccesso di confidenza. Sapete, l’eccesso di confidenza è la prima causa di incidenti sul lavoro, incidenti domestici capace di plasmare il nostro profilo comportamentale e culturale. È evidente come sia davvero pericoloso e ambiguo questo approccio, questo modo di fare le cose, questa cultura! Per ottenere un vero cambiamento sono fondamentali due passaggi: il “ think outside the box”, cioè uscire dagli schemi per essere parte di una  R’Evolution culturale, personale e sociale. R’Evolution, termine che fonde futuro e ribellione, nasce dal libro Brain Priority che propone un percorso chiamato appunto Brain R’Evolution.

Sono convinto che fare un passo, l’uno verso l’altro, in questa che io chiamo R’Evolution ci porterà a riconsiderare il valore del perché andiamo a lavorare e perché la salute sia un compagno di vita. Ognuno di noi lo fa per il proprio progetto, per la propria famiglia, per il proprio futuro. Non credo sia una questione del colore del colletto della camicia, piuttosto della consapevolezza del valore della persona e della famiglia che c’è dietro ogni persona. WE ARE AND HAVE A FAMILY – Noi siamo e abbiamo una famiglia, in ogni istante, sia quando siamo a casa con la nostra famiglia naturale che quando, come individui, portiamo la nostra famiglia in un luogo dove si lavora.

Quando siamo al lavoro, ognuno di noi, dal Ceo all’ultimo anello della catena, porta con sé la propria famiglia ed è rappresentante di quella famiglia. In azienda portiamo la nostra Competenza, la nostra Coerenza e il nostro Coraggio, per farla vivere, produrre e resistere ad ogni tsunami Covidiano, Finanziario o altro.  Questo posto di lavoro si dovrebbe chiamare Famiglia Professionale. Potremmo dedicarci a sperimentare un miglioramento continuo della famiglia professionale e non andare a cercare un modo per risollevarci o riprenderci. Cadere a terra è sempre tragico perché poi la forza per risollevarsi non sempre è sufficiente per riportare le cose al loro stato originale. Altra cosa è vivere, lavorare, agire in un modo preventivo, difendere la propria famiglia ed il proprio futuro, dove la sfida non è rialzarsi ma non farlo accadere!

Ora siccome mi sono messo in testa che voglio andare sulla Luna cerco “Mission Supporter” da portare con me.

Questa è la musica che suoniAMO io e la mia Band, questo è il mio modo di essere un RockDoc.

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1 commento

Vito 22 Marzo 2021 - 08:06

Crudo, intenso e motivante: grazie!

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