Stiamo scoprendo, una volta di più in questi giorni, quanto la normalità è ciò che più di tutti può mettere a rischio le nostre vite.
Mi riferisco al video di Kevin. Non ci sono volti preoccupati o sguardi incazzati, mentre arriva la raccomandazione reiterata di spostarsi su di un lato qualora fosse giunto il segnale di un treno in arrivo. Il ragazzo si riprende con la sigaretta elettronica, scherza con il capo, scherza con i colleghi perché tutto è normale.
È normale la raccomandazione del responsabile perché si ascolta bene che la ripete più volte e chiede ai colleghi se hanno capito, dando la percezione che l’attenzione verso di loro ci sia, ma in un contesto che non è normale.
Lo stesso grado di normalità si è sentito nelle parole dell’uomo che, per fare una diretta su un social, ha invaso la corsia opposta facendo un frontale con un’auto e mandando all’ospedale una incolpevole donna e due suoi figli, di cui uno in condizioni gravi. Si è protetto nei giorni successivi sostenendo che era esagerato l’accanimento nei suoi confronti. Sia esso un atteggiamento volontario e tendenzioso o meno, fatto sta che il suo intento è portare il comportamento ad essere quasi normale.
Fin quando riterremo i nostri comportamenti pericolosi come un qualcosa di normale, saremo intrappolati nella gabbia che noi stessi ci siamo creati. Non si tratta di soccombere alle scelte crudeli di un nostro superiore, ma di un atteggiamento comune che accetta serenamente quel modo di fare.
Ecco perché, nonostante i detrattori di turno, è impellente fare qualsiasi attività di divulgazione perché ciascuno di noi riconosca l’anormalità della nostra normalità. Deve essere una comunicazione multi livello che tenga conto delle generazioni, delle differenze di età e culturali e, soprattutto, non deve stancarsi di essere rinnovata e ridondante.
Recentemente è uscita la notizia di un autista che ha chiamato le Forze dell’Ordine denunciando che alcune auto andavano contromano, per poi scoprire che l’unico a guidare sulla corsia opposta era proprio lui.
Il nostro compito è quello di far accorgere le persone che il senso giusto di marcia è quello che ci porta a star bene in modo oggettivo, quello già percorso da molti.
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