“Fa il dutur, l’è minga un laurà, l’è una missiùn”.
Fare il medico non è un lavoro, è una missione.
Queste sono le parole della mamma dell’autore di un libro uscito lo scorso anno, e sono un meraviglioso inno alla missione del prendersi cura degli altri. L’unica professione a cui dovremmo a pieno titolo riservare il titolo di “Dottore”. Il libro è quello di Gino Strada, è uscito sette mesi dopo la sua morte, ed è intitolato “Una persona alla volta”.
Inizia con queste parole semplici e potenti:
“Sono un chirurgo. Una scelta fatta tanto tempo fa, da ragazzo.”.
Alcune delle parole che compongono la terza di copertina delineano i contorni dell’uomo Gino Strada:
“Una missione che parte da Sesto San Giovanni. A Milano, nelle aule dell’Università scopre di essere un chirurgo, perché la chirurgia gli assomiglia: davanti a un problema bisogna salvare il salvabile. Agendo subito.”.
Medico ed ospedale, nell’immaginario collettivo, sono persone e luoghi dove qualcuno si prenderà cura di noi, ma gli ospedali stanno diventando sempre più ambienti che producono problemi oltre che risolverli. Il tic toc dell’orologio sta rendendo via via più evidente un tema che da urgenza si sta trasformando in emergenza: come tutelare la salute dei medici, soprattutto di quelli che lavorano in un Pronto Soccorso?
Ne ha scritto Il Post in un articolo dell’ottobre del 2021 intitolato “I medici non vogliono più lavorare al pronto soccorso.“.
Carlo Palermo, segretario nazionale di ANAAO ASSOMED (Associazione Nazionale Aiuti e Assistenti Ospedalieri), spiega che «un tempo lavorare al pronto soccorso e quindi avere a che fare con ogni tipo di patologia era considerato un privilegio.
Era, ed è, la porta d’ingresso dell’ospedale, un luogo fondamentale. Ma non è possibile reggere certi ritmi, dover fare sette, otto, anche nove notti al mese, avere problemi a godere le ferie, lavorare con scariche di adrenalina continue e quindi con quantità notevoli di stress. A un certo punto un medico si chiede: “Chi me lo fa fare? Perché devo sacrificare così la mia vita sociale e familiare?”».
A tutto questo si aggiunge che i medici del pronto soccorso sono quelli più esposti agli attacchi esterni.
«Purtroppo gli episodi di aggressioni verbali, ma anche fisiche, al personale di pronto soccorso sono sempre più numerosi», dice Palermo.
«Queste variabili fanno sì che i colleghi scartino subito il lavoro in pronto soccorso, complice una politica che non ha mai ascoltato sindacati e società scientifiche quando chiedevamo di valorizzare percorsi e carriere», aggiunge Manca.
Secondo la FIASO, Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere, i medici in Italia subiscono circa mille aggressioni all’anno, ma sono molte di più se si calcolano quelle non denunciate.
In una situazione di stress, di lavoro con carichi eccessivi e di esposizione a possibile aggressioni, i medici dei pronto soccorso sono quelli che più accusano il burnout, e cioè la sindrome di esaurimento sul piano fisico, mentale ed emotivo.
«Le soluzioni», conclude Palermo, «ci sarebbero. Innanzitutto ci vogliono nuove assunzioni. Poi si dovrebbero istituire indennità specifiche per i medici di pronto soccorso. È una misura che potrebbe essere inserita già in questa legge di bilancio.
Sarebbe importante poi dare ai medici che lavorano in pronto soccorso dieci giorni di ferie o riposo in più. E classificare questa attività per quello che è: cioè un lavoro usurante».
Alla fine, partendo da quello che dovrebbe essere un circolo virtuoso, ossia vado nel pronto soccorso di un ospedale perché ho un serio problema di salute, cadiamo in un circolo vizioso: “Ho un serio problema di salute, corro al pronto soccorso di un ospedale e troverò un professionista stressato, affaticato e demotivato che dovrà contemporaneamente occuparsi dei nostri e dei suoi problemi di salute”.
Stiamo davvero facendo la cosa giusta? Stiamo mettendo le persone in grado di svolgere nel migliore dei modi una professione di grande responsabilità?
Perché la sicurezza non è solo una questione di natura fisica, ma è anche di natura psicologica e mille aggressioni all’anno sono una vera emergenza sociale. Un bel pasticcio di cui nessuno pare voglia occuparsi seriamente.
Possiamo però confidare nei tanti insegnamenti lasciatici in eredità da Gino Strada. Uno su tutti, la più potente delle sue visioni: “L’utopia è solo qualcosa che ancora non c’è.”.
Sarebbe bello se arrivasse qualcuno e, rimboccandosi non solo metaforicamente le maniche, risolvesse un problema che riguarda tutti Noi. Dobbiamo agire concretamente e collettivamente per trasformare in realtà il manifesto di Gino Strada per una Medicina giusta:
“Ogni individuo ha il diritto alle cure mediche, perché il diritto ad essere curato è un diritto fondamentale e inalienabile appartenente a ciascun membro della famiglia umana”.
Eguaglianza, qualità delle cure e responsabilità sociale sono le basi per avere una comunità messa in sicurezza.
Ricordiamocelo sempre, perché questo argomento riguarda tutti Noi, nessuno si senta escluso.
Del resto, si sa “Quando c’è la salute, c’è tutto.”.
Un medico – Fabrizio De André
Da bambino volevo guarire i ciliegi
Quando rossi di frutti li credevo feriti
La salute per me li aveva lasciati
Coi fiori di neve che avevan perduti
Fonte: Il Post https://www.ilpost.it/2021/10/23/medici-pronto-soccorso-carenza/
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