Ciao, sciogliamo subito il ghiaccio, come ti chiami e quale ruolo rivesti in azienda?
Ciao, il mio nome è Alessandro Ioele e ringrazio per avermi permesso di partecipare a questa iniziativa molto interessante, grazie alla quale ho conosciuto persone di altissimo livello professionale.
Attualmente sono RSPP e QHSE Director di CBRE GWS, azienda multinazionale che si occupa di Global Service, Facility Management, progettazione, installazione e manutenzione di impianti tecnologici.
Mi ritengo molto fortunato perché non affronto da solo tutti i problemi derivanti dal mio ruolo, difatti insieme a me ci sono persone con elevata competenza e soprattutto con “soft skill” di alto livello che formano una squadra affiatata.
Per noi dopo tutto non sarebbe possibile fare altrimenti, il territorio da coprire è vasto perché lavoriamo praticamente in tutta Italia e il settore è davvero complesso, ci troviamo a operare in tutte le sedi dei nostri svariati clienti, confrontandoci con i rischi presenti nei loro ambienti di lavoro.
Tra l’altro, come mi disse un caro amico e collega, il vero acronimo di QHSE è Quick Help and Support for Everything …
Posso aggiungere infine che ho un amore incondizionato per la montagna e tutto ciò che la riguarda, scoprendo ogni giorno come questo mondo e quello della sicurezza sul lavoro siano spesso vicini e correlati.
Come ti sei avvicinato/a a questo lavoro e cosa ti ha fatto capire che questo è il lavoro giusto per te?
Il mio percorso è molto variegato, sono figlio di un artigiano, mio padre era un lattoniere e per me durante le vacanze estive salire su un tetto senza protezione negli anni 80 era purtroppo la norma.
Dopo essermi laureato in Scienze Ambientali speravo in un lavoro che riguardasse in massima parte l’attenzione all’ambiente.
Ho iniziato quindi da consulente per poi spostarmi in una azienda strutturata della Brianza dove mi sono occupato sempre più di sicurezza sul lavoro, aggiungendo l’attenzione alle persone alla attenzione all’ambiente, ero stanco di vedere poco o per nulla applicati i miei “consigli” e volevo capire come fosse possibile che i “daily works” non permettessero di poter operare nel modo corretto.
Nell’azienda attuale come già detto sono fortunato, il mio datore di lavoro crede in quello che faccio, alcuni dicono perché è spaventato oppure perché vuole solo dormire bene la notte, in verità penso sia effettivamente convinto che sia la cosa giusta da fare.
Nel corso della tua carriera qual è stato l’episodio che ricordi con più piacere e quale con meno?
Non riesco facilmente a identificare l’episodio meno piacevole, vorrei dimenticare il momento in cui un collega saldatore è mancato sotto i miei occhi a causa di un infarto mentre lavorava, oppure quando un altro collega ha perso la vista da un occhio perché ha svitato il tappo della tubazione sbagliata.
Sono due episodi che mi hanno toccato nel profondo e che mi hanno fatto riflettere molto sulla “mission” di chi decide di occuparsi efficacemente di sicurezza.
Ricordo invece con piacere tutti gli attestati di stima ricevuti dai clienti dopo aver eseguito un ottimo lavoro insieme alla mia squadra, è veramente difficile individuare un episodio migliore di altri.
Quali sono le soft skills che un/una professionista del mondo della salute e sicurezza sul lavoro deve assolutamente avere?
All’inizio della mia “carriera” confesso che non avevo mai sentito parlare di soft skills, ritenevo fosse sufficiente conoscere tutte le normative per poter lavorare bene in questo campo. Ho imparato in poco tempo che non era così.
Ho capito che senza empatia, ascolto e una buona capacità di comunicazione non si va da nessuna parte.
Confesso inoltre che ho ereditato da mio padre una buona dose di gentilezza e cortesia, che spesso possono essere fraintese per ingenuità e superficialità.
Non è così e posso dire con certezza che il tempo lo dimostra sempre.
Cosa ti aspetti nel futuro della salute e sicurezza sul lavoro? Pensi che le nuove generazioni siano più attente a queste tematiche?
Credo nelle nuove generazioni, sono ottimista e non posso fare altrimenti; in alternativa mi troverei a scappare e rifugiarmi da eremita sui monti, lontano da tutti.
Sicuramente serve una visione diversa delle cose, meno legata agli “obblighi” e più vicina alle “abitudini”.
Il momento attuale non è dei migliori, ma forse proprio da questo periodo non felice possono nascere visioni nuove in merito ai rapporti tra gli individui, alla protezione dell’ambiente e delle persone.
C’è inoltre una frase che è stata attribuita a Dan Peterson e che rappresenta per me un concetto chiave da rimarcare: “La carta non salva le persone, le persone salvano le persone”.
Penso infine che bisognerebbe provare a uscire da un’ottica “washing” e tentare di applicare seriamente ciò che di buono è contenuto nelle tematiche ESG.
Per concludere, quale consiglio daresti a un giovane che si avvicina a questa professione?
Far diventare il lavoro una passione è molto difficile, certamente bisogna essere coinvolti dalla conoscenza di molte persone, dalla creazione di network efficienti e dall’individuazione degli esempi migliori da seguire. Ascolto e confronto sono le parole chiave, insieme ad equilibrio.
In ultimo, consiglio sempre trovare qualcosa o qualcuno di cui prendersi cura, eventualmente anche solo se stessi.
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