PIT AREA’S VOICES #25 – Alessandro Raspante

di Rock'n'safe
Alessandro Raspante

Ciao, sciogliamo subito il ghiaccio, come ti chiami e quale ruolo rivesti in azienda?

Ciao e grazie per l’invito a salire sul palco insieme a tanti stimati colleghi!

Sono Alessandro Raspante e, ad oggi, il ruolo principale che ricopro è quello di CEO di URANO, un centro di formazione esperienziale con base nella splendida Versilia. Formazione esperienziale… o meglio Learning Experience, un motto che racchiude tre aspetti fondamentali che sono anche la vision stessa dell’azienda: formazione esperienziale, formazione come esperienza ed esperienza nella formazione.

In poche parole, coinvolgere, rendere memorabile ed essere preparato sono i principi che guidano la mia attività formativa.

 

Come ti sei avvicinato/a a questo lavoro e cosa ti ha fatto capire che questo è il lavoro giusto per te?

Come dico sempre, sono un Perito Industriale “prestato” alla sicurezza.

Finiti gli studi ho iniziato il praticantato nello studio tecnico di un consorzio edile e, data la mia specializzazione (elettronica e telecomunicazioni), non sapendo bene come inquadrarmi mi misero in mano “la 626” da studiare… e lì iniziò l’amore per la materia. Inizialmente come consulente, nei cantieri e per le aziende seguite dallo studio, poi il percorso e i primi incarichi da RSPP con l’81 fresco fresco di stampa e infine la vera passione: la formazione.

Come consulente sentivo di non fare abbastanza, di produrre “carta” che non interessava a nessuno. Con la formazione, a contatto con le persone ho trovato il vero valore del mio lavoro, la possibilità di fare veramente la differenza, seppure in minima parte, e dare così un contributo utile alla sicurezza.

 

Nel corso della tua carriera qual è stato l’episodio che ricordi con più piacere e quale con meno?

Per fortuna ci sono stati diversi episodi piacevoli in questi anni ma me ne viene in mente uno: durante un sopralluogo fatto in un’azienda per progettare un’attività formativa, con il capoturno che mi accompagna, e tocchiamo il tema del rischio di caduta dall’alto. Nel loro lavoro di pulizia, su un nastro trasportatore posto a circa 7/8 metri di altezza, viene fuori che tutti, con naturalezza, si arrampicavano sulla macchina e andavano a effettuare le operazioni, sopra questi nastri, senza alcuna protezione. Gli ho chiesto se avesse dei figli e lui candidamente mi disse che aveva una bimba di 9 e una di 11 anni. Gli ho chiesto se fosse consapevole che il suo comportamento rischiava di non farlo tornare da loro quella sera… La parte però che ricordo con piacere è arrivata dopo qualche mese, da parte di un collega andato in quella stessa azienda per una fornitura di attrezzature, accompagnato dallo stesso capoturno che, a distanza di mesi, gli ha riportato lo stesso discorso, che lui lì sopra non montava senza imbracatura perché aveva due figlie a casa… questo vuol dire essere arrivati, vuol dire essere riusciti a far breccia nelle persone.

Episodi meno piacevoli? Tutte quelle volte in cui da parte dell’azienda e della dirigenza, viene palesato il completo disinteresse per la formazione e senza problemi te lo dicono in faccia che “sono tutte ca****e”. A volte però diventano persino buffi, argomentando la loro convinzione, ed è per questo che non me la prendo più ma anzi, sono spinto ancor di più nel trovare la strada per fargli cambiare idea… a volte riuscendoci e a volte no.

 

Hai mai dovuto affrontare un grave infortunio di un collega? Se sì raccontaci la tua personale esperienza.

Svolgendo questa attività sono migliaia le persone che ho avuto la fortuna di incontrare, di conoscere e di avere con me in aula e, purtroppo, è capitato di sapere, a distanza magari di mesi, che in quell’azienda c’era stato un infortunio mortale, proprio a quel lavoratore che avevi avuto di fronte in aula, con cui avevi parlato… e in quel momento è una fitta quella che senti dentro, per un attimo si scoperchia un vaso dal quale escono tutte le domande e i dubbi: avrei potuto fare di più? Se avessi detto questo magari… Forse se fossi stato più…

Ho imparato a gestire questi aspetti e situazioni, venendo dal mondo del volontariato e del soccorso sin da quando ero ragazzo, ma ciò non vuol dire che faccia meno male e che possa essere devastante per un’azienda e per le persone che la compongono, perdere “uno della famiglia”; i colleghi sono le persone con cui si passa la maggior parte del nostro tempo e, al netto di simpatie e antipatie, i legami che si creano sono decisamente importanti.

 

Quali sono le soft skills che un/una professionista del mondo della salute e sicurezza sul lavoro deve assolutamente avere?

Oltre a tutte?

Scherzi a parte, ritengo che le competenze trasversali siano fondamentali non solo per un professionista della sicurezza ma per tutte le figure aziendali, a tutti i livelli. Per questo negli ultimi anni ho iniziato a integrare questi aspetti nella formazione per la sicurezza: comunicazione efficace e ascolto attivo, gestione dei conflitti, capacità decisionale sono solo alcuni degli strumenti essenziali che tutti dovrebbero avere nella propria “cassetta degli attrezzi” personale.

Le aziende sono fatte da persone, la sicurezza è fatta dalle persone, è l’ora quindi di dedicarci anche a questi aspetti, non solamente a quelli esclusivamente tecnici.

 

Cosa ti aspetti nel futuro della salute e sicurezza sul lavoro? Pensi che le nuove generazioni siano più attente a queste tematiche?

Ho una nota di pessimismo in tal senso, perché il futuro in cui il cambiamento sarà importante non è così vicino, secondo me. Deve essere cambiato un paradigma che ci accompagna da decenni, in cui la sicurezza è prevalentemente vista e applicata come un obbligo di legge, un qualcosa quindi che dobbiamo fare, una mera imposizione.

È necessario cambiare prospettiva e andare verso una sicurezza fatta per scelta: faccio qualcosa perché il mio cervello mi dice che è la cosa giusta e non perché qualcuno mi obbliga a farlo, sono io che voglio farlo. Per me questo è il passaggio fondamentale e, nei confronti delle nuove generazioni, dobbiamo spingere su quello che per me è definibile “educare alla sicurezza”.

 

Per concludere, quale consiglio daresti a un giovane che si avvicina a questa professione?

Sorrido perché ho la risposta “pronta”, ho avuto modo di chiacchierare online con un collega che ha recentemente approcciato questa professione e direi che posso riportare quello che gli ho scritto:

“Hai scelto uno dei lavori più belli che esistano per quanto mi riguarda, che porta a gioie meravigliose, a sentire storie e conoscere persone, esperienze e realtà di ogni genere, senza dimenticare le incazzature quanto vedi certe situazioni, quando capita di sentirti impotente o di non fare abbastanza… ma rimane meraviglioso.”

 

 

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