Sciogliamo subito il ghiaccio, come ti chiami e quale ruolo rivesti in azienda?
Mi chiamo Andrea Zaratani e ho due vite professionali: sono da 12 anni il Direttore Generale di una società che si occupa di formazione e addestramento al lavoro sicuro presso un Campo Prove appositamente studiato e sito a Imola (BO).
Sono anche un libero professionista che svolge attività di Responsabile dei Lavori e di coordinatore della sicurezza nei cantieri edili, da 25 anni.
Come ti sei avvicinato/a a questo lavoro e cosa ti ha fatto capire che questo è il lavoro giusto per te?
È successo per caso: mi sono laureato nel 1996 anno in cui nasce la professione di coordinatore della sicurezza, mio padre faceva quel lavoro e da lì è iniziato tutto.
Nel corso della tua carriera qual è stato l’episodio che ricordi con più piacere e quale con meno?
Sono tanti gli episodi che ricordo con piacere e sono legati principalmente alla felicità ritrovata per il proprio lavoro di colleghi che, grazie a me, si sono nel tempo avvicinati ad approcci di tipo culturale alla sicurezza.
Hai mai dovuto affrontare un grave infortunio di un collega? Se sì raccontaci la tua personale esperienza.
Fortunatamente non ho mai dovuto seguire infortuni gravi o mortali accaduti a persone a me vicine.
Quali sono le soft skills che un/una professionista del mondo della salute e sicurezza sul lavoro deve assolutamente avere?
Direi empatia: capire che la competenza tecnica è la base, è necessaria, ma non è sufficiente se non ci poniamo in relazione con le persone. Da questo poi discende l’importanza di skills legate alla comunicazione, ma anche alla organizzazione e leadership.
Cosa ti aspetti nel futuro della salute e sicurezza sul lavoro? Pensi che le nuove generazioni siano più attente a queste tematiche?
In questo momento mi aspetto poco dalle Istituzioni.
Invece ho alte aspettative di miglioramento da chi ha già buoni standard ed è propenso a migliorarli ulteriormente. Purtroppo viviamo un’Italia a due velocità con un discreto gap fra chi è al top e chi ancora ritiene che la sicurezza sia un pezzo di carta da qualche centinaia di euro.
Riguardo alle nuove generazioni non saprei: ho una figlia 12enne… ma non fa testo essendo condizionata dal mio modo di vivere.
Per concludere, quale consiglio daresti a un giovane che si avvicina a questa professione?
Di ricordarsi che salviamo vite, non come un medico del 118, ma come chi deve fare in modo che il 118 non vada proprio mai chiamato.
Quindi serietà, studio, affiancamento a chi ne sa di più e umiltà: come diceva il filoso “so di non sapere”.
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