Qualche sera fa, catapultato sul divano dopo una giornata di formazione in aula, cambiando canale alla TV alla ricerca di qualche programma interessante prima di cadere in un sonno profondo, mi sono imbattuto in uno dei miei film preferiti, Patch Adams. Credo di averlo visto ormai una decina di volte ma sono sempre stato un grande fan di Robin Williams, per cui mi metto comodo pronto a rigustarmelo.
Per chi non lo avesse mai visto, è la storia del giovane Hunter “Patch Adams” che, durante un volontario ricovero in un ospedale psichiatrico, rendendosi conto della scarsa attenzione e del disinteresse con cui vengono trattati i pazienti ospiti della struttura, decide di iscriversi alla Facoltà di Medicina per cambiare le cose, adottando fin da subito un approccio completamente atipico per un medico.
Patch è indubbiamente un personaggio carismatico che decide di andare oltre la classica visita “austera” e di entrare in contatto con i pazienti, dedicando loro tutte le cure e le attenzioni per migliorarne la qualità della vita e accantonare anche solo per un attimo il dolore per la malattia. Rifletto sul messaggio che il film vuole trasmettere e penso che in fondo l’idea è molto simile a quello che per me è il significato di fare formazione sulla sicurezza.
L’empatia viene definita come “la capacità di porsi in maniera immediata nello stato d’animo o nella situazione di un’altra persona”; e credo sia uno dei fattori più importanti per portare a casa la soddisfazione dei partecipanti a un corso di formazione.
Questa riflessione parte da una mia personale consapevolezza maturata negli anni: classe ’94, entro nel mondo della sicurezza dalla porta sul retro (non sono ingegnere ma all’università ho studiato “cosa dice la normativa”). Quasi subito entro in aula, partendo dalla co-docenza. Me la ricordo bene la mia prima ora ad affrontare l’argomento dello stress da lavoro; snocciolo definizioni in maniera molto accademica e tra i partecipanti sento chi a stento trattiene le risate, qualcuno dice “tutto giusto ma la realtà è ben diversa”. Da lì in poi mi accorgo (fortunatamente) di una cosa, la più importante e quella che ogni giorno mi fa scegliere questo lavoro sempre con più grinta: se vuoi conquistarli, non devi annoiarli. Anzi, meglio ancora: se vuoi farli ricredere, far sì che a fine corso siano soddisfatti e che vengano anche a cercarti per farti domande perché interessati ad approfondire, devi anche farli divertire.
Credo che oggi il vero valore aggiunto di fare formazione stia nel costruire un dialogo con chi partecipa, utilizzando le modalità di linguaggio più disparate ma sempre innovative, trasmettendo entusiasmo e cercando di coinvolgere il più possibile con genuinità di contenuti.
Se davvero vogliamo trasmettere alle persone la necessità di operare in sicurezza, serve prima di tutto lavorare sulla loro responsabilità, spronandole a dare il massimo. Occuparsi del benessere dei lavoratori nel breve termine significa produrre effetti benefici nel lungo termine: al di là del classico “aumento di produttività”, la vera conquista è riuscire a favorire un clima di lavoro piacevole salvaguardando la salute delle persone.
Che formatore voglio essere? perché dovrebbero scegliermi? La risposta l’ho trovata in un altro film con lo stesso attore protagonista, L’Attimo Fuggente. La scena in cui il Professor Keating, citando Walt Whitman, sussurra “che tu puoi contribuire con un verso”: l’insegnamento che ne traggo è che non esiste persona o professione che possa vivere senza passione e ottimismo per realizzare grandi cose.
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