Ci siamo occupati qualche tempo fa di Menelao re di Sparta, e devo ammettere di averlo alquanto maltrattato (leggi “Il re di Sparta“). Non che mancassero i motivi, intendiamoci, era venuto fuori il ritratto di un re senza troppa leadership, e neppure tanto valoroso in battaglia, non esattamente l’archetipo dello spartano come ce lo immaginiamo.
Ma se davvero Menelao era la mezza cartuccia che abbiamo descritto, com’è possibile che avesse per moglie proprio lei, la più bella tra le belle, la donna più affascinante che il mondo avesse mai visto, insomma la bellissima Elena?
Semplice.
L’aveva comprata.
Proprio così. Spero che la cosa non vi turbi troppo, ma così andavano le cose nei tempi antichi, e anche in quelli meno antichi. Il matrimonio d’amore, in cui gli sposi si scelgono, nasce a valle della Rivoluzione Industriale e della conseguente emancipazione delle donne, in grado di lavorare e mantenersi con uno stipendio. Ma in un castello antico, o in una masseria nemmeno troppo antica, l’unico a maneggiare denaro è il padre padrone, mentre le figlie femmine, come i terreni e il bestiame, fanno parte della proprietà. Chi vuol sposarsi deve dunque mettere mano al portafogli e contrattare col padre della ragazza i termini della transazione. Concluso l’accordo, sarà appunto il padre della sposa a consegnarla pubblicamente e ufficialmente al nuovo proprietario, ad esempio accompagnandola all’altare. Ricorda niente?
Ma non divaghiamo.
Elena era figlia di Zeus e Leda, alla quale si era presentato in forma di cigno, ma il suo genitore diciamo così putativo, legittimo sposo di Leda, si chiamava Tindaro ed era appunto re di Sparta. Non privo di senso pratico, una volta realizzato che razza di top model gli era venuta fuori come figlia, decide di estrarne il massimo profitto e, né più né meno, la mette all’asta. Proprio così.
I pretendenti arrivano da tutta la Grecia, Aiace, Idomeneo, persino il piccolo Achille, oltre al ricchissimo Menelao principe di Micene. Arriva persino Odisseo/Ulisse, più che altro per godersi lo spettacolo dal momento che, re di una piccola isola pietrosa, non era certo in grado di fare offerte adeguate.
Tindaro conosce bene i suoi polli e dunque, prima di aprire la gara, fa giurare a tutti che, chiunque di loro risulti vincitore, lo rispetteranno e saranno anzi pronti a difenderlo e vendicarlo contro qualsiasi tentativo di sottrargli il prezioso bene. Tutti per uno.
Adesso, signori, fate la vostra offerta.
È così dunque, a forza di rilanci e sacchi di monete d’oro, che Menelao conquista la sua sposa. Nemmeno un dubbio sul fatto che sia una scelta appropriata, il giusto obiettivo su cui investire le risorse disponibili, sue e dei suoi. Nemmeno un dubbio poi sul fatto, non dico di meritare l’affetto e la riconoscenza di una simile divina creatura, ma di esserne almeno degno. Preso dalla megalomania, Menelao si compra la donna più bella del mondo. Come beneficio addizionale, diventa l’erede al trono di Sparta, altro impegno certamente non da poco, e anche in questo caso nemmeno è sfiorato dal dubbio di non essere all’altezza. Sappiamo già come andrà a finire, per gran parte dei principi greci sciaguratamente vincolati dal giuramento.
Per inciso, non si sa se ad Elena sia stato chiesto un parere sulla faccenda, ma secondo le usanze del tempo direi proprio di no. Questo è il tuo sposo, va in pace.
“What love has to do with it?” cantava un tempo Tina Turner, che c’entra l’amore con tutto questo? Ai tempi non avrebbero neppure capito la domanda.
Adesso cominciate invece voi a capire Elena e la sua fuga?
Seguono, come tutti sanno, i dieci anni di guerra sotto le mura di Troia, immenso mattatoio in cui trova la morte il fiore della gioventù greca e troiana. Dopo la caduta di Troia, Elena catturata viene riconsegnata al legittimo sposo Menelao per la doverosa, tremenda vendetta. Ma ad Elena, vero archetipo di gattamorta, bastano due moine per ammansirlo e dunque, dopo dieci anni di massacri e lutti, Menelao decide che sì, in fondo ci si può mettere una pietra sopra e riprendere tutto come prima.
Avrei voluto vedere la faccia degli altri eroi greci.
Bene, anche Menelao ci mette un po’ ad arrivare a casa, non quanto Ulisse, ma un po’ di anni ce li mette, e arriva in un momento davvero drammatico.
Ricorderete che a comandare la spedizione contro Troia non era stato Menelao, ma il fratello Agamennone, re di Argo, che aveva addirittura sacrificato la figlia Ifigenia per ottenere il favore dei venti. Non appena rimesso piede nella reggia, Agamennone era stato massacrato a colpi di scure dalla moglie Clitemnestra e dall’amante di lei Egisto. Mica tutte hanno la pazienza di Penelope.
A vendicare Agamennone aveva provveduto il figlio Oreste, nipote di Menelao, con l’aiuto della sorella Elettra, accoppando senza tanti complimenti gli amanti assassini. Tuttavia, il matricidio è a sua volta un delitto atroce, che viola uno dei tabù più sacri e getta la maledizione sull’intera comunità. I cittadini di Argo condannano Oreste ed Elettra alla lapidazione.
È proprio in questo contesto che arriva Menelao, sottobraccio alla ritrovata consorte.
Ricapitoliamo. Agamennone ha guidato la spedizione al posto suo, ci ha rimesso la figlia, ed è stato pure ucciso a tradimento al suo rientro. Non vogliamo esprimere un po’ di solidarietà, o addirittura prendere le difese del nipote Oreste per averlo vendicato?
“Beh, sì, certo, adesso vedo cosa posso fare, provo a parlare con i cittadini, magari riesco a convincerli e invece della lapidazione ve la cavate con l’esilio perpetuo, contenti?”
No, i due non sono affatto contenti, anzi sclerano, prima tentano di uccidere Elena, poi sequestrano la figlia di Menelao, poi si barricano in un castello, poi danno fuoco al castello medesimo .
“We don’t need another hero”, o perlomeno non abbiamo bisogno di un eroe come Menelao. No, non è (ancora) Tina Turner, è Apollo in persona che a questo punto decide di intervenire personalmente a sistemare le cose, salvare i ribelli, combinare un paio di matrimoni e pacificare la città.
Già che c’è, Elena se la porta via lui, così almeno non ha fatto il viaggio per niente.
The end.
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