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Francesco, parlaci della tua esperienza nel mondo della sicurezza. Come è cambiato l’approccio negli anni?
In passato c’era una non-cultura della sicurezza, dove gli errori si nascondevano sotto al tappeto per far abbassare gli indicatori. “Dì che ti sei fatto male a casa”, si diceva. In questo modo l’azienda dava un’immagine di sé non reale, con dati fittizi. Noi oggi non vogliamo questo approccio.
Come ti aspetti che si possa affermare una cultura della sicurezza?
Con la visione. La visione è ciò che ci guida e ci dà coraggio nel pensare che domani ci sia di meglio. La visione ci guida a capire cosa noi non vogliamo.
Come si può trasmettere questa visione in modo produttivo?
Sviluppando la comunicazione. Dai più giovani la sicurezza è vista come un percorso a ostacoli. Nel corso degli anni ho maturato un percorso di comunicazione, anche come ambassador di Italia Loves Sicurezza.
Se vuoi motivare i tuoi colleghi devi dare uno scopo, comunicare efficacemente la tua visione.
Qual è dunque la tua visione?
Arrivare a zero infortuni in azienda per esempio. Può sembrare una follia, ma vogliamo creare una cultura e un approccio alla sicurezza diversi. Devi comunicare un vantaggio nell’essere sicuri. I singoli lavoratori si sentono coinvolti perché ne vedono il vantaggio.
Un vero e proprio cambio culturale.
Un cambio culturale che devono fare in primo luogo i manager. Se il manager della sicurezza non c’è, ma ha trasmesso il giusto valore, i colleghi faranno comunque la cosa giusta. La cultura è la somma delle nostre azioni, ma che partono dai nostri pensieri.
Bisogna quindi lavorare sul modo di comunicare?
La comunicazione deve essere positiva. Si deve abbandonare la comunicazione punitiva “se fai così subisci queste conseguenze”. Bisogna invece riconoscere cosa fanno di giusto le persone. Se consolido i giusti comportamenti, poi posso crescere. Allo stesso modo anche riconoscere l’errore è una via per crescere.
Articolo e postproduzione video di Graziano Ventroni
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