Ciao Leader! Che succede? Ti vedo stanco, stressato oltre il necessario ed hai una patina di demotivazione che ti rende grigio.
Premetto che non sono uno psicologo, non sono un guru e non ti darò l’ennesimo decalogo del perfetto leader: sono un ingegnere creativo con attitudine a rompere gli schemi e con questo spirito conduco una Società da ormai quasi 20 anni. Ti va di condividere un momento insieme per sfogarci un po’ e capire cosa ci succede in situazioni come queste?
Lo so, “leader” è un’espressione anglofona che dà la sensazione dell’ennesima americanata. Credimi, vorrei che ci chiamassimo in modo diverso ma non abbiamo alternative. Non solo non ci sono termini italiani adeguati ad esprimerne bene il senso; in tutta Europa ed oltre una persona con il nostro ruolo si chiama “leader” o con espressioni foneticamente simili. Se preferisci possiamo usare l’espressione spagnola “lider”, oppure il danese “leder” o ancora l’olandese “leider”, ma come comprendi la differenza è irrilevante; credo che chiamarti in tedesco “fuhrer” non sia un granché. Quindi Brexit o non Brexit, sempre leader rimaniamo. Penso che in ogni corso di formazione che avrai frequentato ti avranno ripetuto sempre la stessa cosa -> leader da to lead = guidare. Non diamo colpa ai trainer, effettivamente la definizione non ci permette grandi soluzioni creative.
A prescindere dagli appellativi, abbiamo una bella gatta da pelare caro mio: che sia un ruolo che ci è stato dalla nostra squadra o perché sia intrinseco nella posizione che ricopriamo, essere leader non è tra le cose più semplici. “Essere” prima di fare, perché se non ci sentiamo leader… allora sì che sono guai. Non è per niente semplice essere un leader, sentirsi nel pieno della consapevolezza ed in possesso di tutte quelle che chiamiamo “leadership skills”. Ci hanno ripetuto fino alla noia che non bastano le sole competenze manageriali e hard skills, ci vogliono le soft skills. Credo che come me sarai partito incuriosito con qualche lettura, per poi passare ai primi corsi di formazione e seminari, poi percorsi di crescita personale e, perché no, qualche master. Magari come me avrai avuto qualche mentore che ti ha ispirato e messo in condizioni di aprire gli occhi…non mi raccontare la storia che ti ha motivato perché la motivazione è solo dentro di te e non si inietta come un vaccino. Qualunque sia la strada che hai intrapreso avrai fatto il punto della situazione di dove sei e sicuramente avrai riconosciuto in te alcuni punti di forza e un oceano di aree di miglioramento. Allora ti sarai messo a studiare e ti sarai reso conto che ci sono più esperti sul tema che vescovi nella Chiesa. Scusami per la similitudine, forse è dovuta al fatto che sono in tanti a professare la fede del buon leader o, più semplicemente, perché, appena prima si iniziare a scrivere, ho visto una puntata di The New Pope di Sorrentino (…a proposito di leader!). Auspico che tu sia già arrivato nella fase in cui hai realizzato che studiare non basta, ci vuole applicazione e pratica; è un duro lavoro che ci porta costantemente fuori dalla zona di comfort ed è proprio là fuori che inizialmente proviamo un bel disagio. Ti sarai cimentato nell’individuare il tuo reale scopo e identificata la tua visione, sperando di aver fatto questo lungo lavoro con il tuo dialogo interno e non con qualche guru del marketing che ti metteva fretta per l’uscita imminente della campagna pubblicitaria della tua Società. A seguire avrai scoperto qual è la tua vera mission, altrimenti son davvero guai: ricordiamoci che, se vogliamo guidare noi stessi e le persone, dobbiamo essere consapevoli qual è lo scopo con cui ci svegliamo ogni giorno e qual è la nostra stella polare. Confido che tu abbia fatto questo lavoro fondamentale perché adesso sì che comincia la vera salita. Ti avranno detto di diventare un’eccellenza nella comunicazione, cosa mica semplice da realizzare in un batter d’occhio. Supponendo che la tua comunicazione sia Obama style e che te la cavi con il public speaking, dovrai sviluppare un giusto atteggiamento mentale: spero che, a differenza mia, tu non sia andato in confusione. Finito qui? Magari! Non è che puoi essere impulsivo ed essere preda delle emozioni, devi sviluppare anche spiccate capacità di gestione delle stesse. Non solo. Dobbiamo avere l’attitudine nel prendere le decisioni quando conta, così come quella di risolvere i problemi; ti esprimo questi concetti in modo semplice, diversamente possiamo parlare di decision making o problem solving, ad ogni modo sono certo che tu sappia di cosa stiamo parlando. Avrai avuto anche te zone d’ombra quando avrai affrontato la questione della coerenza perché mica tutti i leader sono poi così coerenti… guarda la politica per esempio! E poi coerente a cosa? Ai nostri valori, perché mica mi dirai che non metti in campo i tuoi veri valori quando esprimi la tua leadership? Avrai fatto un duro lavoro per scovarli perché non è come fare la lista della spesa in cinque minuti. Poi avrai fatto qualche seminario sull’ascolto attivo perché le persone sono persone e non numeri e meritano il tuo sincero interesse. In questo contesto avrai appreso come è essenziale l’empatia, l’importanza di un feedback ben fatto, capire i bisogni dei membri del tuo team e soddisfarli; chissà quanto avrai faticato quando poi sei stato messo alla prova dopo tanta teoria! E la responsabilità dove la mettiamo? Mica penserai che è colpa dell’universo se le cose vanno come non vorresti?! Oppure che, compiuta una scelta, potresti dare con nonchalance la colpa ai fattori esterni o a Paolo Fox se le cose sono andate storte? No, devi assumerti la responsabilità di ciò che pensi, di ciò che scegli, di ciò che dici e fai; diversamente ti piace vincere facile. Per coloro che decidono di non decidere, vale la stessa filastrocca appena letta. Il tuo team ti guarda come un oracolo e non aspetta altro che TU prenda la responsabilità di decidere la direzione da prendere, che TU lo faccia eticamente e nel loro interesse e che TU lo sappia comunicare con l’aurea di Steve Jobs. Qualora tu non abbia capito come definire gli obiettivi e come gestire il tempo dovrai correre ai ripari; per inciso le lancette del tempo scorrono inesorabilmente, semmai dovremo imparare a gestire noi stessi e le nostre priorità nel tempo che abbiamo a disposizione (non me ne vogliano i guru del time management). Poi c’è da concretizzare i concetti di gratitudine e vulnerabilità, grandiose caratteristiche qualora vengano sviluppate nella tua Organizzazione. Last but not least, lo sviluppo di autorevolezza attraverso tutto quello che ci siamo già detti e soprattutto grazie alla competenza. E qui casca l’asino: perché l’autorevolezza non si vince alla lotteria, non si compra, non si ottiene frequentando un workshop e, soprattutto, non si chiede né tantomeno si impone. Questo modo di porsi si definisce autoritario, ma questa sorta di paronomasia delle due parole è fuorviante (confido nel fatto che tu conosca la differenza). L’autorevolezza ce la riconosce l’altro e si costruisce nel tempo: per acquisirla c’è solo da studiare e dimostrare e, ancora, studiare e dimostrare. A dirtela tutta, riusciamo ad essere leader quando siamo un esempio; concetto che fa scopa con i nostri valori e la tua coerenza. Lo so, molti leader non sono così, ma non entriamo in polemiche sterili, perché sono dell’Ariete e mi infervoro con facilità (gestendo poi le emozioni naturalmente)! E se avessi la malaugurata idea di avere a che fare con me in ambito professionale o semplicemente al bar dopo un drink sciogli lingua, ti farei una testa tanta sulla creatività che fino a ieri pensavi fosse roba da Bansky, Cirque Du Soleil e Pink Floyd; invece ti spiegherei come la creatività sia funzionale in tutti gli ambiti, facendo lavorare l’emisfero destro del cervello insieme all’emisfero sinistro (che poi si invertono nei mancini come me), dedicato invece all’analisi ed alla logica. Ti chiedi a cosa serve?
è utile a non condurre una vita con il paraocchi limitando le soluzioni a portata di mano;
serve a sciogliere la propria rigidità analitica;
è utile ad aprirsi al mondo delle idee e delle intuizioni e a tante altre opportunità con un pizzico di entusiasmo, cosa che non guasta mai.
Meglio di chiunque altro sai che in queste poche righe ci sono ore, mesi e anni che hai dedicato allo sviluppo di queste attitudini e competenze. Forse ci saremo lasciati qualche pezzo per strada, ma quello su cui concordiamo è che non c’è mai fine nello sviluppo di una sana leadership. Non c’è un punto di arrivo, è una evoluzione continua fatta di tante tappe. Io credo che tu stia già lavorando su tutti questi aspetti e che tu abbia già ottenuto molti risultati e non mi stupirei del fatto che tu sia già un leader bell’e fatto.
Spero soltanto che nel frattempo non ti sia illuso di essere invincibile e infallibile, perché sai cosa potrebbe succedere a volte? Dopo tutto questo gran darsi da fare per te e per gli altri succederà che, dopo centinaia di situazioni affrontate nel migliore dei modi, scelte giuste, dopo aver fatto del tuo meglio nel costruire sani rapporti con gli altri, sbaglierai. E’ inevitabile come l’alba di domattina che succeda, perché non abbiamo la tuta di Superman: anche i leader sono esseri umani. Supposto che tu ne sia consapevole potrebbe accadere il peggio: il tuo team potrebbe ritenerti un mix tra Gandhi, Branson, Maathai ed una spolverata di Iron Man. Quel tuo errore potrebbe costarti caro perché, ahimé, di cento cose fatte bene, ne basta una sbagliata perché gli altri ti giudicheranno soltanto su quella. E’ una generalizzazione, ma potrebbe accadere più volte di quante pensi. E’ in quel fatidico istante che ti sentirai SOLO, proprio come adesso appari. Caro mio, le cose si complicherebbero drasticamente perché l’entusiasmo si sgonfierebbe all’improvviso come una mongolfiera forata dal ramo di un albero: le pagine dei tuoi manuali diventerebbero più pesanti da sfogliare, le ore di formazione diventerebbero un inferno dantesco e la tua motivazione avrebbe bisogno di rimanere sempre attaccata al carica batterie. Perché il team a volte è spietato, potrebbe non perdonare: tu sei il leader e per loro tu sei infallibile ed il concetto di vulnerabilità lo hanno compreso solo per sé stessi. Sai qual è la beffa? Se questo è il loro pensiero ed atteggiamento nei tuoi confronti è probabile che sia una tua responsabilità non aver creato una più sana cultura aziendale. Rolling stones… e non mi riferisco all’immortale gruppo rock! Attento amico mio, perché qualora ti dovesse capitare una situazione del genere, fa’ in modo di non cascarci come io ho fatto in passato: d’un tratto tutte le mie certezze sono scomparse, era tornata in auge la mia parte impulsiva e irascibile e con quella instabilità emotiva ci vuole un attimo per trasformare in rogo l’ecosistema che avevi creato con tanto amore e passione. Comincerai a pensare che SOLO tu sei quello che si deve prodigare per gli altri, che nessuno si prende cura di te, che nessuno ti comprende e nessuno ti è mai stato grato. Acthung! Perché è un vortice che rischia di portarti nel deep blue delle generalizzazioni, degli atteggiamenti mentali improduttivi. Non è una certezza, ma il rischio che corre il leader in certe fasi della sua vita è proprio il senso di solitudine e te lo dico, non perché l’abbia studiato, ma perché l’ho vissuto. Allora è lecito domandarsi “chi ce lo fa fare”? E’ utile per chiarire alla nostra mente ed al nostro cuore quale sia il motivo per cui ci alziamo la mattina, anche quando tutto fila liscio.
Sviluppare leadership ci consente di essere in equilibrio con noi stessi, trasmettere al mondo i nostri sani valori, di nobilitare ciò che facciamo attraverso essi, attraverso la nostra personalità e la nostra passione. Possiamo trasferire tutto ciò che abbiamo appreso e sperimentato nella vita per donarlo agli altri, per metterli in condizione di essere loro stessi dei leader. Così i nostri valori e i nostri sani comportamenti viaggeranno di persona in persona e, con la migrazione professionale che oggi ci caratterizza, passeranno da un’Azienda all’altra, di famiglia in famiglia. Questo processo sarà tanto più efficace quanta più passione e impegno ci metteremo. Ci renderemo conto di quanto vale per noi il team; ammetteremo che quei brutti pensieri su di loro sono stati dettati da poca lucidità. Questa consapevolezza ci permetterà di non sentirci mai davvero soli e, qualora ancora non fosse sufficiente, arriverà quel giorno in cui il sorriso di un nostro collaboratore, una sua frase, un suo comportamento, un suo risultato ci faranno sentire che tutto quello che abbiamo fatto fino a quel giorno è valso la pena.
E’ così che abbiamo l’opportunità di lasciare il segno. Sta a noi scegliere se fare la differenza facendo la nostra parte per un mondo migliore: l’uomo nobilita il lavoro.
Di questo e altro tratto con i miei Clienti. La mia mission e quella della mia Società è supportare le Aziende e i manager nello sviluppo di una cultura aziendale dove la persona è al centro dell’attenzione. Lo faccio attraverso la formazione dei manager e dei loro team, ma soprattutto con l’applicazione della teoria in piani di azione pratici, attraverso analisi dei processi e progettazione dell’organizzazione del lavoro, attraverso il supporto per la comunicazione interna aziendale e progettazione ed esecuzione di quelle attività tecniche che salvaguardano i pilastri del benessere di una persona: la sua salute e la sua sicurezza. Quel di cui sono certo è che la diffusione di una cultura aziendale basata sul benessere non solo premia l’Organizzazione in termini di performance, ma favorisce il percorso verso un mondo etico e migliore. Quindi, se la pensiamo allo stesso modo, vale la pena fare una chiacchierata insieme.
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