“Oh, ma certo, ho capito: tu pensi che questo non abbia nulla a che vedere con te. Tu apri il tuo armadio e scegli, non lo so, quel maglioncino azzurro infeltrito per esempio, perché vuoi gridare al mondo che ti prendi troppo sul serio per curarti di cosa ti metti addosso, ma quello che non sai è che quel maglioncino non è semplicemente azzurro, non è turchese, non è lapis, è effettivamente ceruleo, e sei anche allegramente inconsapevole del fatto che nel 2002 Oscar de la Renta ha realizzato una collezione di gonne cerulee e poi è stato Yves Saint Laurent se non sbaglio a proporre delle giacche militari color ceruleo. E poi il ceruleo è rapidamente comparso nelle collezioni di otto diversi stilisti. Dopodiché è arrivato a poco a poco nei grandi magazzini e alla fine si è infiltrato in qualche tragico angolo casual, dove tu evidentemente l’hai pescato nel cesto delle occasioni, tuttavia quell’azzurro rappresenta milioni di dollari e innumerevoli posti di lavoro, e siamo al limite del comico quando penso che tu sia convinta di aver fatto una scelta fuori delle proposte della moda quindi, in effetti, indossi un golfino che è stato selezionato per te dalle persone qui presenti… in mezzo a una pila di roba”.
Arte fine, quella della comunicazione. In ogni attimo della nostra esistenza, comunichiamo qualcosa. Spesso, a volte soprattutto, quando non proferiamo parola alcuna. Del resto, non c’è regola universale. Perché ogni persona è unica, ogni situazione è differente, ogni momento nel tempo e nello spazio è diverso ed irripetibile; nondimeno, cambiano i contesti, i metodi, i contenuti. Un solo elemento è costante: l’interazione con l’interlocutore. Chi di noi non è rimasto a bocca aperta quando Meryl Streep, vestendo i panni di Miranda Priestly, risponde, col discorso riportato qui sopra, alla risatina inconsapevole di una già fin troppo spaesata Anne Hathaway? Nessuno, scommetto. Chi di noi avrebbe voluto essere al posto della sua neoassistente? Nessuno, scommetto. Ma scommetto invece che tutti noi abbiamo subito compreso il suo breve ma incisivo discorso, ne abbiamo seguito con semplicità il filo logico, e, dai, diciamocelo, ci siamo rimasti di “m” alla fine, dichiarandoci sconfitti di fronte a tanta elegante autorità. In un tripudio di patti chiari ed amicizia lunga, seguiti a ruota da una sequenza di passi lunghi e ben distesi, capitanati da un hai capito dove sei e cosa facciamo qui?, il preposto di turno ci ha rimessi sul nostro seggiolone. Scrivania, testa bassa, e se hai fatto tutto quello che ti ho chiesto, avrai svolto solo la metà del tuo lavoro. Pedalare.
L’approccio frontale e diretto di Miranda nel rapporto con le sue collaboratrici punta ad applicare nella maniera più asettica possibile la legge di Darwin, nella sua declinazione più truce: “selezione naturale”, o “sopravvivenza del più adatto”. Non c’è buonismo, non c’è comprensione: non c’è tempo, noi siamo il top, dobbiamo restare al top e anche tu devi essere perfetta. Se non lo sei, vedi di arrangiarti per diventarlo in tempi brevi. Se ce la fai per domani, tanto di guadagnato: sarai in ritardo di un solo giorno per mantenere questo posto di lavoro. Il lavoro che, per essere ben svolto, dovrà diventare la tua vita. Chiaro, no?
Risultato: da quel giorno, Andy non smetterà un minuto di lottare per essere all’altezza delle richieste di Miranda, arrivando come previsto a mettere a repentaglio la sua stessa vita privata. E non solo: anche grazie all’intervento dello stilista di casa, Nigel – l’ottimo collega che tutti dovremmo avere, o il collaboratore che tutti dovremmo saperci creare – lei si ritroverà ad addentrarsi e ad appassionarsi ad un mondo e ad una realtà che prima considerava di scarsa, o di nessuna rilevanza nella sua vita. Un mondo che invece rappresenterà un’importante esperienza e un grande insegnamento soprattutto per il futuro.
Cosa ha smosso Andy? La deflagrazione di Miranda, o il caparbio, lucido, severo (ma giusto) intervento correttivo di Nigel? Probabilmente entrambi, in regime di cooperazione e coordinamento, hanno contribuito a far emergere le capacità della ragazza, portandola a perseguire i suoi obiettivi, contestualmente a quelli aziendali, con determinazione e convinzione sempre maggiori, anche grazie ad un contesto gradualmente sempre più impegnativo, ma ora favorevole. La stessa Andy da parte sua si rende proattiva, modificando radicalmente il proprio approccio nei confronti della situazione in cui si trova. Apprende una lezione che le sembrava impossibile, cui non dava importanza – si adatta, reagisce, sceglie di adottare un modello comunicativo differente, e alla fine, mettendo a frutto le sue capacità, riesce ad entrare nelle grazie della diabolica direttrice, alla quale infine si affeziona.
Non esiste dunque una sola metodologia comunicativa. Non c’è solo un elenco di argomenti da conoscere. C’è la necessità di capirsi, di capire gli altri e di mettersi in contatto. Anche in maniera più burrascosa del previsto, se necessario. Nella scuola, nel lavoro, nella vita. Con la propria personalità: dannoso mostrarsi per ciò che non si è. Con le proprie inclinazioni: inutile parlare di qualcosa in cui non si crede. Con la propria onestà: impossibile vendere qualcosa che non si possiede. Con la propria coerenza e con la collaborazione di tutti, remando verso un obiettivo unico: il bene della comunità, lavorativa o meno che sia. Nel caso de “Il diavolo veste Prada”, l’obiettivo è il bene di Runway, immaginaria rivista di riferimento nel campo della moda, nonché azienda di successo. In tal senso, nella pellicola risulta invero difficile riconoscere una vera e propria Safety Rockstar: Miranda punta tutto sulla sua vision, cosa in cui certamente sa il fatto suo; meno brava è nell’infondere certezze e nell’assottigliare il livello di stress, compito in cui inaspettatamente eccelle Nigel.
Se a rendersi elegante è invece la Sicurezza, avremo allora davanti agli occhi una brillante sfilata di valori e principi, da tenere costantemente sotto i riflettori affinché tutti li vedano e li facciano propri. La mission è questa, è già iniziata e va portata fino in fondo… anche a costo di proseguire indossando momentaneamente un maglioncino azzurro infeltrito.
Pardon, ceruleo.
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