Molti film di fantascienza ci presentano la tecnologia come un’intelligenza con un tale potenziale da poter rappresentare un domani una minaccia per tutta l’umanità. Basta pensare a Terminator o a Matrix. Direi che Terzago Robotics è di un altro avviso. Quanto potenziale costruttivo c’è nelle soluzioni robotiche e in che modo si può esprimere?
Gli ambiti in cui si applica l’automazione e l’intelligenza artificiale sono molteplici e al servizio delle necessità umane. Per esempio esistono software che migliorano le diagnosi mediche, come altri che sono utilizzati per studiare gli ecosistemi e favorire così la loro tutela. Per quanto riguarda la nostra realtà operiamo in un ambito nel quale la tecnologia è a stretto contatto con le persone e gli operatori. Il nostro è un rapporto tra epidermide, metallo, circuiti e tessuto ad alto contenuto tecnologico (il nostro esoscheletro). Se da un lato forniamo esoscheletri che consentono di ridurre significativamente la possibilità che un addetto incorra in un infortunio, dall’altro riduciamo la fatica che questo sperimenta; i nostri impianti robotici hanno il fine di preservare la forza lavoro da attività fortemente usuranti e in atmosfere ostili, mettendo i lavoratori in una condizione nella quale non possono conoscere imprevisti.
Qual è la motivazione che vi ha spinto ad investire i vostri sforzi in soluzioni robotiche?
Noi riteniamo che questo continuo avanzamento tecnologico dia la possibilità alle aziende di produrre migliorando il loro impatto sull’ambiente e oltretutto aumentando la libertà che esse hanno di realizzare nuovi prodotti. Si unisce la flessibilità di una tecnologia, come quella del robot, a un comparto creativo e di progettazione sempre più sviluppato. Tutto questo riducendo il consumo di acqua e di energia in generale. Per ragioni analoghe abbiamo deciso di investire in esoscheletri economici, che non hanno la necessità di essere collegati a un’alimentazione e che possono essere indossati da chiunque, sia in ambito professionale che nel tempo libero. Gli esoscheletri, dunque, sono la realizzazione dei nostri principi a misura d’uomo.
“Muscle suit”: che cos’è?
È il nostro esoscheletro, lo chiamiamo “wearable robot” che dà una forza assistita di circa 25 kg grazie alle membrane idrauliche presenti nel telaio di supporti. Si indossa come uno zaino da trekking e lo si regola in modo molto simile. Lo si mette in pressione utilizzando un semplice stantuffo a forza manuale, operazione che richiede meno di un minuto. Pesa meno di 4kg e, una volta indossato, il suo peso sulle spalle è del tutto trascurabile sia per uomini che per donne. Può essere utilizzato in qualsiasi ambiente di lavoro perché è waterproof ed è facilmente lavabile grazie alla presenza di fodere intercambiabili. Molto rilevante, è il sostegno che dà a gambe e bacino riducendo l’affaticamento della zona lombare e preservandola.
Oggi, esoscheletri di questo tipo si stanno sempre più diffondendo in settori quali l’agricoltura e il manifatturiero perché rendono operazioni ricorrenti molto meno stancanti (come per esempio la raccolta degli ortaggi che si sviluppano a terra).
La movimentazione manuale dei carichi rappresenta un rischio praticamente per qualsiasi tipo di attività. Del resto anche chi lavora semplicemente in ufficio può trovarsi a spostare scatoloni. Detto questo, non basta un’adeguata formazione per eseguire i movimenti correttamente e prevenire disagi?
Esistono mansioni, come quella di archivio o di gestione di un magazzino, che comportano la ripetizione, nell’arco di un turno di lavoro, degli stessi movimenti anche centinaia di volte. Movimenti onerosi per la parte lombare e per i muscoli. La formazione non basta per ridurre i rischi derivanti dalla consuetudine, dagli automatismi del corpo e da momentanea disattenzione, soprattutto quando sopraggiunge una ragionevole stanchezza. La stanchezza fisica e mentale è il peggior nemico della sicurezza, quando si lavora. All’aumentare della stanchezza e dell’occorrenza di tali movimenti corrisponde un ragguardevole aumento del rischio. Un esoscheletro è capace di preservare l’operatore anche da queste condizioni perché limita la possibilità che si realizzino, ne riduce l’affaticamento, lavora con molta meno fatica. In questi termini aumenta la qualità delle sue condizioni di lavoro. L’esoscheletro, dunque, è uno strumento efficace contro gli imprevisti e garantisce una crescita delle prestazioni degli addetti.
Uno degli ostacoli più grandi che incontra la sicurezza sul lavoro è la reticenza di molti ad indossare i DPI, soprattutto quelli più “ingombranti”. Cosa vi dice la vostra esperienza al riguardo?
L’esoscheletro può essere inteso come un DPI e non possiamo nascondere che, come ogni altro DPI, possa incontrare la reticenza alla quale vi riferite. Tuttavia, a differenza di molti altri, non limita in alcun modo i movimenti né la percezione visiva, non influisce sul tatto e su nessuno dei sensi. L’esoscheletro più che proteggere è uno strumento di prevenzione che dà al lavoratore la possibilità di affrontare le sue mansioni senza che incontri la consueta fatica. Rende quindi tutta una serie di movimenti più agevoli e meno onerosi per l’apparato muscolo-scheletrico. Indossandolo potrà preservare le sue energie e utilizzarle in modo migliore, oltre al fatto di poter godere pienamente del suo tempo libero senza che, la fatica accumulata in fabbrica, in cantiere, all’aperto, in una serra, lo accompagni fino a casa. Un’azienda con cui stiamo collaborando ha notato che i suoi dipendenti, da quando è stato adottato l’esoscheletro, hanno aumentato le ore che dedicano allo sport e alle attività all’aperto.
Il vostro focus è sulla strumentazione tecnica, ma cosa ci potete dire dell’aspetto umano della sicurezza, cioè di chi poi quella strumentazione va ad usarla? Il comportamento delle persone non si programma con una serie di calcoli e matrici, eppure si può comunque influenzare ed indirizzare positivamente. Se doveste dare il vostro punto di vista su questo aspetto, cosa direste?
Per poter parlare di sicurezza, occorre prima di tutto conoscerla. Prima devi fare in casa tua e poi in casa degli altri. La cultura della sicurezza si trasmette attraverso l’esempio. Solo così si modificano i comportamenti.
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