Erevan (Yerevan) è la capitale dell’Armenia, nome che suona in modo affascinante e la cui origine secondo alcuni sarebbe la derivazione di un’esclamazione del patriarca Noè il quale, guardando il luogo dove poi sarebbe sorta la città, dopo la deposizione dell’arca sui declivi dell’Arat e la fine del diluvio universale, avrebbe esclamato: <<Yerevats!>>, <<E’ apparso!>>.
Erevan è anche il titolo di una tra le più belle canzoni dei Radiodervish di Nabil Salameh e Michele Lobaccaro, gruppo musicale tra i più degni rappresentanti italiani del genere “world music”; Erevan è una dolce melodia che racconta la storia di una bambina che chiede la luna ad una fata e che in risposta riceve il dono di conservare per sempre il suo cuore di fanciulla.
Questa canzone, oltre ad essere un bis molto apprezzato e richiesto nei concerti dei Radiodervish, è stata anche parte della colonna sonora de “La giusta distanza”, film italiano drammatico del 2007, che sottolinea l’importanza di trovarsi sempre “alla giusta distanza” prima di esprimere giudizi, pareri, prima di agire. Una giusta distanza che in realtà dovrebbe essere sempre osservata, anche materialmente, nella vita di tutti i giorni, un concetto mai tanto “sentito” da tutti noi come in questo periodo di emergenza COVID-19.
È un tardo pomeriggio, rientrando a casa ricevo all’improvviso un messaggio sul telefono da un amico che non sento più da tanto tempo, sintetico e agghiacciante allo stesso tempo: <<Ciao, è successa una disgrazia, Max non c’è più>>. In un solo momento la mia memoria vola a quel sabato sera quando, come spesso accadeva, ci si “imbucava” ad una festa in casa di sconosciuti e lì si incontravano nuove persone, che poi magari sarebbero diventati nuovi amici: è proprio in questo modo che conobbi Max, mentre in una stanza suonava la chitarra intonando classici di Lucio Battisti o di altri gruppi musicali che potevano essere cantati agevolmente dai presenti, sempre nella speranza di attirare l’attenzione di qualche bella ragazza.
Erano i tempi in cui la goliardia all’interno dei gruppi (o comitive, come si soleva dire) imperversava, la voglia di trasgredire e di “vivere” era sempre imperante nei nostri incontri: eppure lui, pur essendo in prima linea nella ricerca di divertimenti e di diversivi, riusciva sempre a porsi alla giusta distanza, viveva le trasgressioni senza mai farsi coinvolgere del tutto, con la lucidità tipica di persone ben più adulte e comunque dei leader positivi. Leader nel vero senso della parola: una persona che ispirava, che non lesinava le critiche e le prese in giro, ma che era capace di scusarsi e venirti a “riprendere” quando si rendeva conto di averti ferito.
La vita adulta ci ha fatto perdere di vista dopo le reciproche feste di laurea: di lui sapevo che era diventato un brillante e stimato medico e allo stesso tempo autore di diverse pubblicazioni scientifiche. Un giorno, una decina di anni fa, ci siamo incontrati casualmente proprio ad un concerto dei Radiodervish a Roma: un breve saluto, le solite promesse di ricontattarci quanto prima, ma poi niente, la vita ci ha riassorbito silente nel tran tran quotidiano. Tutto è continuato normalmente fino a quel messaggio: <<Ciao, è successa una disgrazia, Max non c’è più>>.
In un solo secondo una doccia fredda: un drammatico incidente stradale su una strada ad alta densità di circolazione, un terribile tamponamento accaduto forse per un malore, per distrazione, per la fretta di rientrare, per il mancato rispetto della distanza di sicurezza da parte sua o dell’altro autista coinvolto.
Volutamente non ho seguito notizie di cronaca in merito e gli esiti delle inevitabili indagini. Max è stato portato via in elicottero e da lì è volato in cielo senza far più ritorno a casa, dopo probabilmente una faticosa giornata di lavoro in ospedale, senza che nessuno dei suoi colleghi potesse fare qualcosa per salvarlo.
Vittima di un destino beffardo, forse è stata proprio la mancata “giusta distanza” a portarselo via, chissà: ma la sua intelligenza, il suo sorriso, il suo modo di essere, resteranno per sempre elementi vivi nei miei ricordi, così come – purtroppo -anche l’epilogo della sua vita, un monito per presente e futuro.
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