Il tema della violenza domestica sugli uomini è un tabù?
La risposta è SÌ.
È realtà quotidiana, che incontro spesso nei fascicoli che tratto, la problematica della violenza sugli uomini ma il rivelare e denunciare questa violenza incontra ancora schemi sociali di chiusura da parte degli uomini, anche per la differente capacità dialogica tra gli stessi.
Quando si parla di violenza domestica, automaticamente si pensa a quella in cui la donna è vittima e il partner è l’abusante. I media costantemente rinforzano il preconcetto che la violenza domestica sia unidirezionale, dall’uomo verso la donna, ma non è così.
L’obiezione è che spostare l’attenzione sulla violenza per mano femminile, significhi sminuire la gravità degli abusi commessi sulle donne o persino negarla. In realtà, tutte le forme di violenza dovrebbero essere contrastate, e tutte le vittime dovrebbero essere tutelate, indipendentemente dal sesso di appartenenza.
Dati alla mano si stima che ogni anno 5 milioni di uomini siano vittime delle violenze femminili, raramente la violenza domestica sugli uomini diventa un fatto di cronaca poiché è meno eclatante, fa minor audience.
Fatto sta che il fenomeno è in preoccupante e in crescente aumento.
La violenza femminile– che non esclude aggressioni fisiche come calci e pugni – è più spesso una violenza psicologica, indiretta e subdola. I suoi effetti sono meno visibili ma altrettanto devastanti e spesso non danneggiano solo il partner, ma anche i figli.
La violenza psicologica femminile si manifesta con l’umiliazione del partner davanti ad altre persone, si manifesta con denigrazioni di natura familiare, sessuale, di ruolo, economico, con insulti e provocazioni che formano spirali progressive di emarginazione.
Molti uomini che subiscono violenza domestica non chiudono la relazione, ad esempio, per paura di non poter più vedere i figli fatto che, molto più frequentemente di quanto si creda, accade nella disfunzionalità o nel crash della coppia.
Gli uomini che denunciano violenze e maltrattamenti hanno chiara difficoltà a parlare e quando riescono a farlo trovano reazioni che alimentano la loro vergogna e li spingono a rinchiudersi in sé stessi, e sminuiscono per primi quanto subiscono.
La violenza femminile è “normalizzata” dai media: se in tv vediamo un uomo aggredire verbalmente e/o fisicamente una donna immediatamente si ritiene sia un gesto grave e diseducativo e così è. Ma se è una donna a denigrare, mortificare, abusare di un uomo, psicologicamente ed anche fisicamente nessuno si scandalizza, anzi la cosa suscita una certa ironia.
Passa così il pericolosissimo messaggio che la violenza femminile sia meno grave di quella maschile.
L’uomo dal canto suo spesso tace perché vive come estremamente umiliante riconoscersi nel ruolo di vittima. È necessario invece che se ne parli, che il problema venga approfondito, che vengano prese le contromisure perché ogni forma di violenza venga combattuta, sempre.
Non chiudersi, non sminuire, conservare le relazioni amicali e sociali con le quali possiamo condividere la prostrazione ed essere fermi sul rispetto e sulla tutela dei diritti di ogni essere umano, indipendentemente dal fatto riguardi una donna od un uomo.
Questa la via più tutelativa e giusta.
Senza paura.
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