Il cambiamento sta alla base dell’evoluzione della specie umana e meno male aggiungo. Non esiste essere umano che non abbia dovuto affrontare cambiamenti nella vita, a volte voluti e altre volte forzati.
I cambiamenti li facciamo a livello fisico, cresciamo, maturiamo e invecchiamo. I cambiamenti li facciamo a livello culturale grazie all’esperienza, allo studio e allo scambio di visioni con chi ci circonda. Poi cambiamo casa, cambiamo città, cambiamo arredi, cambiamo abitudini alimentari, cambiamo gusti nel vestire, cambiamo modi di lavorare.
Dire che una persona non è capace di cambiare, se ci pensiamo bene, è una bugia perché è impossibile.
Nell’appuntamento settimanale di BESAFE, la consueta rubrica su Clubhouse, si è parlato di questo tema e ci siamo posti la domanda come i Boomers e la Generazione X possono comprendere il momento attuale del lavoro interpellando i più giovani.
A mio avviso questa grande fetta di lavoratori, di cui rappresento una parte, di cambiamenti ne ha fatti di giganteschi. Stiamo parlando di persone, quelle degli anni ’60, che non avevano la televisione in casa e, chi ce l’aveva, la guardava in bianco e nero. Poi è venuta la tv come bene di massa e mezzo di informazione, poi i primi cellulari, poi il primo internet a carbone per arrivare ad oggi che con un semplice click sullo smartphone sei in contatto con chi vuoi e ottieni l’informazione che desideri. Niente più enciclopedia in casa, telefono grigio della SIP, gettoni color rame per le cabine telefoniche e fax rumorosi.
Come si fa a dire che queste sono persone che non sanno fare il cambiamento ed esserne protagonisti?
Il giovane, senza una memoria storica perché naturalmente non ce l’ha, vive il presente e lo può raccontare con i suoi occhi e i suoi sentimenti, ma proprio parlando di cambiamento ha ben poco da insegnare ai matusa che hanno visto cambiare il mondo da analogico a digitale.
Quel che può fare un giovane oggi è raccontare i propri bisogni e i matusa hanno la responsabilità di ascoltarli. Il giovane sbaglierebbe a pensare che una storia non esista, così come il matusa sbaglierebbe a pensare che il futuro sia una fotocopia del passato.
In sostanza dobbiamo ascoltarci a vicenda e individuare insieme una strada da percorrere.
Cosa dire del tanto agognato cambiamento verso una cultura in cui la sicurezza sul lavoro è protagonista?
Se siamo così avvezzi a cambiare è anche possibile cambiare l’atteggiamento nei confronti di un tema tanto importante. Il punto è che decidiamo di cambiare con tempi e modi diversi l’uno dall’altro. Quel che possiamo fare noi che sentiamo l’impellente esigenza di una metamorfosi dell’essere umano è quella di seminare “motivi” ed “evidenze” che un mondo più sano e più sicuro è migliore per tutti. Ne abbiamo l’occasione ogni volta che siamo in aula di formazione, ad una riunione o in un confronto in un reparto. Possiamo abbellire la nostra comunicazione, rendere il tema più interessante, più attraente. Possiamo parlarne in tv, in radio e creare una miriade di blog sul web e sui social.
Sono convinto del fatto che sia il carpentiere che l’imprenditore, se troveranno nel loro percorso tante tracce di sicurezza, arriverà il momento in cui ne verranno attratti, colpiti e quello sarà l’istante in cui il loro universo comincerà a girare diversamente.
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