Ci sono eventi a cui non sappiamo e non possiamo rimanere indifferenti. Il tam tam mediatico se ne sta occupando da giorni ed anche il popolo, che di sicurezza poco si occupa, ha percepito l’importanza di alcuni interventi avvenuti su quel campo di calcio. Naturalmente sto parlando del salvataggio della vita di Christian Eriksen.
La sicurezza è quel qualcosa che non avverti fino a quando non ti ritrovi ad un passo dalla morte. È in quel momento che con la sua mano ti tira fuori dai guai. La mentalità allenata alla sicurezza tutti i giorni è quel qualcosa che salva la vita di una persona ed oggi abbiamo una consapevolezza in più.
Non è avvenuto niente per caso e nessuno avrebbe mai immaginato che dal nulla un “collega” crollasse a terra da un momento all’altro in fin di vita. Niente macchinari, nessuna fune che si spezza, ma solo quello che l’occhio umano può etichettare solo come imprevedibile. Poi le indagini ci diranno qualcosa in più.
Non è stato un caso che il capitano della nazionale danese Simon Kjaer sia intervenuto prontamente, quella stessa prontezza che dovrebbe avere un addetto al primo soccorso in Azienda. Per questo dobbiamo candidarci ad entrare a far parte delle squadre di emergenza anziché sbuffare in caso di nomina, possiamo essere Simon anche noi se mai accadrà nella vita.
Non è stato un caso la tempestività e l’inesauribile desiderio dei medici che hanno letteralmente riportato in vita il giovane Christian, a dimostrazione che l’essere tempestivi nel chiamare i soccorsi in caso di malore in Azienda può essere la differenza tra vita e morte. Questo è il motivo per cui dobbiamo prendere seriamente le prove di emergenza, conoscere i numeri da utilizzare non appena vediamo qualcosa che non va e sapere che dovremo dare tutte le informazioni che ci saranno chieste. Tutte.
Non è un caso che il defibrillatore fosse lì in quel momento. Quell’oggetto che sempre di più, ma non ancora abbastanza, sonnecchia nelle pareti di palestre, piscine e centri commerciali. Obbligo o non obbligo pensiamo a quanto sia indispensabile quest’amico tecnologico e della grande opportunità di averlo in Azienda formando le persone all’utilizzo. Dirò di più, nominati o meno vale la pena formarsi per prendere quello che chiamiamo patentino laico per l’uso del DAE, domani qualcuno potrebbe avere bisogno di noi.
Di ultimo non è un caso che abbiamo assistito al cerchio della sicurezza, quell’immagine che resterà stampata nelle nostre menti e che dovrebbe essere diffusa nelle scuole, nelle Aziende ed in ogni angolo della città. I compagni di Christian ci resteranno impressi mentre si cinturano attorno a lui per proteggerlo dagli occhi indiscreti e per proteggere gli spettatori di tutto il mondo da quella scena straziante.
Quell’immagine mi riporta al cerchio della sicurezza spiegato da Simon Sinek in uno dei suoi libri. Il cerchio della sicurezza è quella condizione che possiamo creare in Azienda affinché tutte le persone siano coinvolte da un intreccio di sane relazioni e coinvolgimento nell’Organizzazione. Secondo il principio del cerchio della sicurezza il gruppo è unito e non deve temere per la presenza di rischi all’interno della propria realtà lavorativa. I rischi possono arrivare dall’esterno come il mercato, i clienti o, parlando di sicurezza in senso stretto, da agenti esterni imprevedibili su cui nulla possiamo.
Il cerchio della sicurezza è creato dal leader che deve lavorare quotidianamente partendo dal comprendere i bisogni del proprio team e di ogni singolo suo membro. È un lavoro costante e quotidiano che va creato e poi mantenuto. L’unica strada a me nota è l’ascolto attivo: l’ascolto non solo delle parole, ma un ascolto più ampio di tutte le sensazioni che la persona attraverso i suoi gesti, le sue espressioni ed i suoi comportamenti ci potrà dare. Con l’ascolto attivo e la comprensione dei bisogni potremo tutelare e sostenere il nostro team accrescendo il loro senso di appartenenza.
Il leader crea il cerchio della sicurezza anche attraverso una cultura fondata su responsabilità, affidabilità e, quindi, fiducia. Sappiamo bene che sensazione positiva ci dia il termine fiducia, anche solo a pronunciarlo, ed è per questo che ci dobbiamo lavorare collettivamente giorno dopo giorno.
Infine porremo le condizioni per un cerchio della sicurezza creando un ambiente sano che, in aggiunta a quanto ci siamo detti, si approccia per gestire tutte le condizioni di pericolo e rischio generando vera e propria cultura della sicurezza. Una cultura dove tutti siamo responsabili delle nostre scelte e delle nostre azioni influenzandoci l’un l’altro.
Questo lavoro che di per sé è semplice, ma non affatto facile, ci porterà a condividere valori e agire all’unisono proprio come quei giovani ragazzi che si sono stretti a cerchio attorno al loro amico in fin di vita. Nulla avviene per caso.
Solo essendo persone migliori potremo avere un mondo migliore.
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