La storia di Esse. Laureata in Lingue. Moglie. Madre. Donna, da sempre, in lotta per la 104.
Michele: Ciao esse, mi racconti un po’ di te? Cosa fai? I tuoi studi, hobby ecc…
Esse: Ciao Michele, sono esse e anni fa mi sono trasferita in Italia dalla Germania, dove ho conseguito un diploma di laurea che purtroppo qui in Italia non è riconosciuto; anche per questo da un paio d’anni mi sono rimessa a studiare per conseguire una laurea in lingue. Sono mamma di due bambini di cui una con disabilità, che ha bisogno di frequenti terapie a casa. Attualmente non lavoro e oltre allo studio, mi occupo a tempo pieno della famiglia, seguo molto la mia prima figlia nella scuola e nella gestione quotidiana.
Michele: Ti ho contatto perché, come sai, sto raccogliendo testimonianze reali di esperienze nei luoghi di lavoro. Mi aveva colpito un tuo post in un gruppo dove si discuteva di mobbing e situazioni critiche, ti va di raccontarmi la tua storia?
Esse: Certo, il mio percorso lavorativo è stato segnato, ahimè in modo negativo, dalle due maternità e nello specifico dalla disabilità di mia figlia in quanto le mie priorità sono ovviamente cambiate. Quello che ho notato e subito nel tempo, è la percezione della mia figura professionale nei vari contesti lavorativi che mi sono trovata ad affrontare. Dal rientro della maternità ho cercato invano di ottenere un Part Time senza successo, ho ricevuto solamente porte in faccia.
La mia prima esperienza lavorativa, invece, è stata davvero positiva. Ero entusiasta del mio lavoro e dei rapporti che nel tempo ero riuscita a costruire, non avendo problemi di orari o vincoli familiari, tutti mi ritenevano una risorsa importante e nel tempo ho ricevuto apprezzamenti per la mia professionalità seguiti da avanzamenti di carriera. Purtroppo, il luogo di lavoro era lontano dalla mia abitazione e nel tempo questo ha iniziato a pesarmi. Poi, con la maternità tutto è cambiato.
Michele: Quali esperienze ti hanno segnato di più?
Esse: Nello specifico, al rientro in Italia, in un’azienda di medie dimensioni mi occupavo di back office commerciale e organizzavo trasporti e produzione della Società. Inizialmente tutto filava liscio e non avevo grossi problemi, poi per poter seguire al meglio la famiglia, ho chiesto un Part Time (sempre negato) e successivamente ho fatto richiesta della legge 104 che ovviamente ho ottenuto visto il grado di disabilità di mia figlia. All’inizio ero anche riuscita ad organizzarmi nel migliore dei modi, sfruttando i permessi orari nell’arco del mese e ritagliandomi il tempo necessario per seguire sia la fase lavorativa che gli impegni familiari.
Michele: E poi cos’è successo?
Esse: È successo che di punto in bianco, una mattina mi convoca la direzione e mi comunica il licenziamento immediato (per giustificato motivo oggettivo) in quanto, la mia mansione era superflua. In poche parole, mi avevano sostituito tramite l’utilizzo di un software che riduceva drasticamente l’operatività precedente e a seguito di questa ristrutturazione aziendale, non ero più necessaria. Assurdo, mi sono detta. Così, senza preavviso e senza soluzioni alternative. Aggiungo che nei mesi precedenti, vedendo che il lavoro andava a calare, avevo cercato in tutti i modi di rendermi utile, offrendo aiuto anche alla mia collega, ma il mio supporto era sempre stato rifiutato. Con il senno di poi ho capito che probabilmente la decisione era stata presa già mesi prima, e mi hanno fatto fuori. Nelle multinazionali ho capito sulla pelle che funziona così, oggi ci sei e sei utile, domani non si sa.
Michele: E tu come hai reagito?
Esse: Mi sono rivolta ad un sindacato della zona e dopo vari consulti siamo entrati in trattativa con la Società per la conciliazione. Nonostante l’avvocato che mi assisteva mi avesse detto che essendoci in ballo una legge 104 il mio caso poteva essere visto come una discriminazione, io avevo paura di espormi troppo e non ho insistito molto in quanto non ero sicura che il giudice mi avrebbe dato ragione e così ho accettato il primo giudizio, riuscendo ad ottenere il risarcimento dovuto. Non me la sono sentita di lottare oltre anche perché ero psicologicamente sotto pressione, sia da un punto di vista lavorativo ma soprattutto familiare. La diagnosi di autismo di mia figlia mi sfiancava emotivamente. La priorità era salvaguardare il benessere di mia figlia e della famiglia in generale.
Michele: Quindi ti sei ritrovata senza un lavoro e con una situazione familiare complicata. Ma immagino che tu non abbia mollato?
Esse: Assolutamente, come sempre, mi sono armata di pazienza e “mi sono fatta su le maniche”; come si dice dalle mie parti. Purtroppo, ho ottenuto solamente contratti a termine, nulla che potesse ridarmi una stabilità economica. Fino a quando, durante una prova in un’Azienda molto grande della zona, dopo solo 1 giorno di lavoro, mi hanno chiesto a fine giornata se potesse interessarmi la mansione e il loro ambiente. Così, per correttezza e trasparenza, ho dovuto far presente che avevo dei “problemi” con le disponibilità orarie e non potevo garantire un Full Time e che avevo diritto alla legge 104 per la disabilità di mia figlia. La responsabile che mi seguiva, ha cambiato immediatamente atteggiamento e mi ha silurata dicendo che non ero compatibile con la loro organizzazione aziendale.
Michele: Una vera e propria discriminazione insomma. Incredibile.
Esse: Ormai non ci facevo più caso, ho avuto anche altre esperienze simili, ricordo di periodo di 6 mesi con rinnovo ogni 20 giorni di lavoro, spesso comunicato con pochissimo preavviso o addirittura il giorno stesso e questa situazione mi provocava un forte stress in quanto mi sentivo sempre in balia degli eventi; per poi puntualmente chiudermi le porte. In un’altra occasione ho lavorato per 4 giorni, cercando di impegnarmi al massimo per poi sentirmi dire che non ero abbastanza veloce per quella mansione, così senza una risposta seria e concreta sui criteri di valutazione. La cosa interessante è che quella ditta, a distanza di anni, sta ancora cercando la candidata ideale. Ho capito che oggi non c’è più la voglia, la disponibilità e la mentalità di consentire ad una persona di ambientarsi ed imparare veramente un lavoro. È tutta una corsa contro il tempo, devi performare immediatamente e se hai “problemi personali” ti arrangi, non devi essere un peso per l’organizzazione. Altroché Risorse Umane.
Michele: Come hai affrontato queste molteplici esperienze negative?
Esse: Ad un certo punto ho anche pensato che il problema fossi davvero io. Continuavo a pensare se qualcosa in me fosse sbagliato, nell’approccio al lavoro, negli atteggiamenti e nei comportamenti che magari potevo assumere. Non mi sono mai data una risposta esauriente. Così ho fatto di necessità virtù ed ho deciso di realizzarmi da un punto di vista familiare, cercando di non tralasciare la formazione e dal 2020 mi sono rimessa a studiare e mi sono iscritta all’università di Padova. Facoltà di lingue.
Michele: Caspita, questo a mio avviso è una mentalità vincente. Complimenti. Dove va questo tuo riprendere in mano lo studio? Cosa ti piacerebbe fare in futuro?
Esse: Per ora, il mio obbiettivo è conseguire la laurea triennale e poi buttarmi sulla magistrale. Spero di poter lavorare come docente in qualche scuola, magari come insegnante di sostegno, o per qualche supplenza, rientrando così nel mondo del lavoro. Alla faccia di quelli che quando ero più giovane, mi dicevano che lavorare nelle scuole non era sicuro e non valeva la pena tentare. Oggi, sento invece che è una figura ricercata e difficile da reperire.
Michele: Cosa hai imparato da queste esperienze?
Esse: Difficile trovare una risposta esatta o una visione positiva da esperienze simili alla mia. Devo dirti che mi ritengo una persona fortunata, perché grazie a mio marito posso permettermi di rimanere a casa. Ho imparato che il più delle volte il vero problema è che lo stato non ti considera, non sei tutelata. Il sistema tende ad emarginare, escludere chi ha diritto a certe agevolazioni o necessità specifiche, soprattutto nei casi di disabilità comprovata dagli istituti. Nel mio percorso, neanche dai colleghi ho ricevuto grossi aiuti o comprensioni, tutto dipende dalla situazione nella quale ti ritrovi. Devo dire anche che nelle esperienze che ti ho citato non c’era troppa confidenza e non sempre è stato facile entrare in sintonia con chi collaborava con me.
Michele: Oggi, come ti vedi rispetto al tuo percorso lavorativo?
Esse: Per molto tempo mi sono sentita frustrata lavorativamente parlando, ho dovuto subire torti, ingiustizie e discriminazioni senza una reale motivazione anche se può essere dipeso da mille situazioni collaterali. Tutto questo però mi ha riavvicinato agli studi in qualche modo e non mi ha fatto perdere la speranza nel presente e nel futuro. Adesso come adesso, spero che la formazione porti a qualcosa di nuovo. La verità è che non riesco a stare ferma, ad adagiarmi su una situazione passiva. Cerco come sempre di sfruttare il tempo libero in modo efficace. Sono certa che troverò una svolta.
Michele: Bene esse. Prima di tutto ti ringrazio per la disponibilità e per il coraggio di raccontare esperienze così importanti davanti ad uno sconosciuto. Ammiro la tua caparbietà ed è stato un piacere ascoltare il tuo percorso di vita, un esempio di spessore mi sento di aggiungere. Complimenti e in bocca al lupo per i tuoi obbiettivi futuri.
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