Emme: 48, Interprete, Traduttrice, Ipovedente ‘84, Poetessa, Porta-caffè.
Prima Parte
Sono Michele Grigato 39 anni, Senior Payroll Specialist e Poeta di Verona. Oggi nei panni di apprendista intervistatore e voglio raccontarvi la storia di Emme. Una cara amica conosciuta anni fa sul Web e che gentilmente mi ha permesso di entrare nel suo mondo, quello sommerso.
Buona lettura.
Mi sono tolta da LinkedIn anni fa perché lo trovo un social abilista e ansiogeno. Trovo che l’idea di un social professionale sia orribile. Ultimamente mi è stato fatto pesare che io non voglia comparirvi dato che reputano la mia attività “performante anche se non visibile ai più.”
Performante.
Dopo anni di mobbing e demansionamento. Dopo anni a sminuire chiunque dimostri un minimo interesse alla vita fuori dell’ufficio, a chi una vita ce l’ha. Sono ipovedente since 1984 ma ho preso due lauree, viaggiato, avuto Elle. Ultimamente, come spesso succede con l’età, la mia vista è peggiorata e si sono aggiunte presbiopia e miopia. Io che già col destro percepisco solo un po’ la luce e ho un campo visivo simile alla battaglia navale.
Ciò nonostante, ho preso il treno da sola due settimane fa e ho passato delle ore in una città che non era la mia, visitato una fiera, seguito un incontro di poesia. Ripreso il treno. Sono cose normali. Non performanti.
Ero stanca? Sì. Sono stanca, nelle mie sere? Sempre di più. Ed è una stanchezza CHE NON SI VEDE per cui non è minimamente calcolata.
La verità è che il più delle volte NON HO NEMMENO IL TEMPO per lamentarmi. Per cui pensateci, quando vi approcciate con aspettative di performance. Che poi una è un po’ stanchina (semicit.).
…e fu così che nacque la curiosità di approfondire con Lei la sua esperienza, in una sorta di intervista “fai da te”. Le parole di quel breve post mi entrarono dentro come un pugno allo stomaco, puzzavano di verità, verità e coraggio. Brillavano nella vastità del nulla che spesso i Social ci offrono quotidianamente. Ma bando alle ciance, in un sabato afoso verso le 9 facemmo un meet…
L’intervista
Michele: Ciao Emme, mi racconti un po’ di te? Chi sei, cosa fai? Dove vivi? Percorso di Studio?
Emme: Certo Michele. Sono Emme, ho 48 anni, vivo a Milano, ho una laurea in Traduzione e Interpretariato e una seconda in lingue e letteratura straniere, specializzazione Tedesco. Lavoro in una società aerospaziale come interprete, traduttrice e contemporaneamente segretaria e porta-caffè autodidatta, da ormai vent’anni. Navigo a vista in un ambiente dove il maschilismo è imperante, come spesso capita in Italia. Prima di questo ero responsabile ufficio estero e poi insegnante a scuola, ma sono scappata perché non mi sentivo pronta a gestire gli adolescenti. Così, tra un Cv e l’altro, ho trovato un’azienda che cercava un’interprete e amando le lingue mi sono proposta. Mi hanno presa, essendo Ipovedente dall’84 e contrattualmente appetibile, l’Azienda era in espansione massiccia e ho pure creduto fosse una proposta di inclusione. Inizialmente sono stata assunta per tenere corsi di Tedesco e Francese a livello formativo per gli ingegneri della società. Al tempo mi occupavo anche delle traduzioni di testi e compagnia bella. Avevo 27 anni, era il 2000 e sai come vanno queste cose, “magari da cosa nasce cosa”, mi avevano detto. Entrai poi nell’ufficio documentazione tecnica continuando a occuparmi tra le altre cose anche della traduzione del bilancio, dei bandi di gara, ecc.
Per un periodo mi sono occupata anche della gestione delle missioni all’estero dei Dipendenti, successivamente e in maniera graduale hanno deciso di chiudere con la formazione e, dopo aver avuto Elle, al rientro dalla maternità, mi sono ritrovata a chiedere alla Direzione attuale: “che mi fate fare, adesso?” e dall’alto del mio V° livello super perenne sono stata demansionata in più occasioni fino a fare la centralinista attaccata a una finestra. Vicino all’uscita e al marciapiede.
Una cosa sono riuscita ad ottenere. Un part time 6 ore per vivermi di più il tempo libero. La comunicazione in azienda non era così fredda un tempo, la vecchia responsabile di tutto se non altro si dimostrava più attenta alle relazioni umane, aveva più tatto e le interessava comunicare. Ecco. Un giorno invece mi è stato detto, non direttamente dal nuovo HR Manager: “ti sposti alla reception, c’è bisogno lì”.
Michele: Qual è il tuo rapporto con il Lavoro?
Emme: Il mio rapporto con il Lavoro è una cosa strana, ho uno spirito di adattamento forte e negli anni posso dire che mi piace pure, cioè non sono il tipo di persona che diventa scorbutica se non le va a genio qualcosa, mi piace intrattenere le relazioni e faccio il possibile per rendermi operativa e offrire un servizio. Mi do da fare, insomma. Quello che mi dà fastidio è che potrei fare di più e non lo posso fare. E la mancanza di comunicazione. Poi adesso c’è la smania di LinkedIn, che spesso è una vetrina slegata dalla realtà che viviamo. Oggi tutti utilizzano LinkedIn, così un bel giorno ci hanno “invitato” a curare la nostra visibilità anche su questo Social e mi sono detta: “perché devo comparire su un social di lavoro? Che mi interessa?”.
In rete le cose rimangono e se non mi interessano o non mi valorizzano, semplicemente non le voglio. Soprattutto se è una cosa decisa dall’alto, con i dialoghi da pubblicità. Non ti dico la reazione di colleghi e capi quando ho risposto che non ero interessata, ti fanno passare per quella che non capisce i progetti, “è un’iniziativa serissima” mi hanno detto. Io quel modo lo trovo invasivo e non rispettoso della privacy.
Michele: Nella tua testimonianza, quando parli di attività performante usi anche termini importanti e forti come mobbing e demansionamento. Ti va di parlarne? Qual è la tua esperienza?
Emme: Conosco bene quei termini. Ti faccio un po’ di esempi:
Aprile 2015, rientro dalla maternità e parlo con il mio responsabile. Nel frattempo, la documentazione cartacea era ormai digital e mi sono ritrovata da archiviare più di un anno di arretrati delle vecchie scartoffie. Nessuno che si fosse degnato di farsi qualche scrupolo, di aiutarmi o chiedere se avessi bisogno di una mano. Ho chiesto alla Dirigenza che cosa potessi fare, visto che gran parte delle mie mansioni erano andate, obsolete. Sono passati sette anni e dopo quel “vediamo un attimo e ne riparliamo”, sto ancora aspettando una risposta dall’HR Manager. Così sono diventata il jolly. Ho provato a propormi per alcune posizioni aperte, più gratificanti, ma casualmente arrivava sempre qualcuno e si piazzava al mio posto. Ad un certo punto, mi sono ritrovata a portare il caffè durante le riunioni e nonostante avessi dei problemi con i vassoi pieni di bevande a causa della mia disabilità, sono divenuta a tutti gli effetti “la porta-caffè”. Quella volta mi sono azzardata a dire alla collega, che prima di me portava i caffè di solito: “Li faccio, poi li porti tu?”, non per non portarli ovviamente, ma perché conoscevo i miei limiti. “Sai cos’è successo?”. La collega è andata fuori di testa ed è corsa dalla Direzione a lamentarsi, successivamente è arrivata la mail ufficiale che mi proclamava: “esperta in trasporto di bevande al caffè per tutti”.
Elle: Mammaaaaaa, dai vieni?! Andiamo a giocareeeeeee!!! Basta parlareeeee…
Emme: Arrivo Amoreeee… Scusami Michele, ma ora devo proprio andare. Elle ha la priorità su tutto.
Michele: Certo Emme, figurati. Promettimi però che è solamente un arrivederci, perché la tua Storia merita almeno un altro appuntamento. Una seconda parte.
Emme: Certamente Michele. Anche perché ho ancora molte cose da raccontare… A presto.
Michele: Ottimo, ti aspetto con una Poesia eh?!
Fine prima parte…
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2 commenti
Beh Michele grazie per aver intervistato Emme, che rappresenta dignitosamente altre Emme come lei
Grazie 🙏🏻 cara Francesca per aver letto la prima parte di Emme… A presto x la seconda