Ogni mattina mi sveglio e mi girano in testa i versi di una canzone. Ok, non proprio ogni mattina ma accade spesso. Il genere? Dipende.
I miei neuroni amano deliziarmi ogni volta con delle sorprese niente male. Altre volte vorrei che fossero stati distratti, per la verità.
Qualche mattina fa i versi erano questi “I wanna show my gratitude, gratitude, show my gratitude to you. Gratitude, show my gratitude to you, oh yeah” di Paul McCartney. Un brano non molto conosciuto il cui titolo è, guarda un po’, Gratitude. Lo ha pubblicato nel 2007 nell’album “Memory Almost Full”.
Mi occupo di gratitudine più o meno dal 2012. La studio e mi affascina perché è potente più di quanto si possa immaginare. Ci connette con le persone, eleva l’entusiasmo con cui affrontiamo la vita e ci rende anche più simpatici.
Come si fa a resisterle? E infatti ne sono completamente immersa.
Ma torniamo a Paul e alla sua Gratitude.
Questa canzone mi è girata in mente per diversi giorni. Giorni in cui mi sono ritrovata spesso a pensare a cosa significhi occuparsi della sicurezza delle persone. Ho svolto alcune commissioni personali, seguito concerti affollati e partecipato a eventi importanti. Ogni volta ho incrociato lo sguardo di una persona della sicurezza e ogni volta ho sentito nascere la mia gratitudine che ho espresso sempre con qualche parola e un sorriso. Quest’ultimo ricambiato con un “grazie a te” o anche solo con un silenzio complice.
Fino a quando un ragazzo mi ha detto: “Sono 6 ore che sono qui, avrò incrociato lo sguardo di almeno 50 persone e sei la prima che mi ringrazia. Mi hai svoltato la giornata”.
Ho sentito quel brivido lì, quello lungo la schiena. Quello che ti porta subito nel presente e che, quel giorno, ha fatto nascere un pensiero prepotente nella mia testa: “ma davvero siamo diventati così distratti?”.
Che poi non so se sia distrazione o è più la malsana idea che chi si occupa della sicurezza stia facendo solo il suo lavoro. Eh no, non è così che funziona. Certo che fa il suo lavoro ma mica vorremmo imbruttirci a tal punto da darlo per scontato. Non è forse il caso di darci una svegliata e di cominciare a pensare che abbiamo di fronte sempre un essere umano e che in quel momento si sta prendendo cura di noi. Della nostra sicurezza. Altro che “sta facendo solo il suo lavoro”. Mettiamoci pure che è lì anche per rischiare la sua incolumità per noi.
Non ci vuole chissà che percorso di crescita personale per arrivarci. Basterebbe chiedersi se ci piacerebbe essere ringraziati per il nostro di lavoro o se, invece, amiamo essere dati per scontati. Così, tanto per riflettere.
Eh no, non vale pensare la gratitudine. Perché pensarla non è come condividerla con gli interessati.
Ve la metto così: provare gratitudine e non comunicarla è come incartare un regalo e non donarlo mai. Credo possa chiarire il senso. Ascoltate la canzone di Paul che magari qualche ispirazione ve la regala. È un pezzo che parla di amore ma ok, proviamo a non farci incastrare nelle etichette e guardiamo a un orizzonte più ampio.
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