Musica popolare brasiliana, la musicalità nativa del portoghese. Chico Buarque in Italia è famoso soprattutto per “O que serà”. Tradotta in tantissime lingue, al cinema “Whatever Will be” cantata da Doris Day, in Italia Ivano Fossati ne arrangia una versione per sé e per Fiorella Mannoia. Chico Buarque nel 1971 esce con un album “Construção”, la cui omonima title track parla di sicurezza sul lavoro. La canzone nasce in uno dei periodi più duri del regime militare in Brasile, poco dopo che Buarque era tornato dall’Italia dove si era precedentemente trasferito a causa della minaccia di persecuzione politica. È una canzone struggente che canta dell’indifferenza.
E flutuou no ar como se fosse um pássaro
E se acabou no chão feito um pacote flácido
Agonizou no meio do passeio público
Morreu na contramão atrapalhando o tráfego
E fluttuò nell’aria come se fosse un passero
e finì al suolo come un pacco flaccido
agonizzò nel mezzo del passaggio pubblico
morì in contromano intralciando il traffico
È morto, contromano. Disturbando il traffico.
È così che la canta e traduce il grande Enzo Jannacci, amico di Buarque che più volte ne ha ripreso il genio traducendo in italiano le sue canzoni ma dandone un’interpretazione unica e inimitabile. La versione originale di Chico Buarque in portoghese è malinconica e struggente come solo il portoghese sudamericano sa trasmettere. Una vita in movimento lento, una vita di lavoro in silenzio, senza disturbare. E poi, ironia del destino, è proprio morendo sul lavoro che disturbi, morendo in contromano, dove non ti possono essere solo indifferenti, ti devono anche schivare perché dai fastidio. Chitarra classica, flauti e fiati per Chico e invece Enzo Jannacci la reinterpreta, prima recitandola. Gli occhi impastati di cemento e lacrime. Un esistenza semplice che può essere quella di ognuno noi. Fluttuò nell’aria come fosse un passero.
I passi, poi fiato alle trombe e infine arriva la voce di Enzo Jannacci, quella che riconosci in mezzo a milioni. E ti ritrovi in un groove tutt’altro che triste, percussioni e trombe per dare senso a un’esistenza semplice ma comunque unica, un padre di famiglia, un marito. La vita come quella di ognuno di noi. Che senti le bacchette della batteria che ti picchiano sulla schiena, senti col naso l’odore del cemento fresco, sulla bocca il sapore di quella pasta portata al lavoro nella schisetta, che non è più buona ma hai fame, e sa di famiglia. Che ti immagini alla mattina che dai il bacio a tua moglie. Come se fosse l’ultimo.
Jannacci ci canta che ogni vita è unica e che non si può morire così.
Agonizzando nel mezzo del passaggio pubblico. È morto contromano. Disturbando il sabato.
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1 commento
A volte mi chiedo se faccio parte di un gruppo di extraterrestri inviati sulla terra a ridare un senso ai valori dei nostri padri, dei nostri eroi. Tu, Andrea, interpreti molto bene quel ruolo di figlio che ha conservato dentro il proprio cuore quei valori che io amo è che vorrei rientrasse nel cuore di ogni essere umano. Grazie per la tua storia personale e per quella “construcao” che ho appena letto. Sono stato attraversato da un grande brivido. Doc