C’è poco da scherzare

di Silvia Vielmo
c'è poco da scherzare

Chi di voi non si ricorda il primo di aprile a scuola?
Un gran fermento in classe…forbici e scotch inusualmente sui banchi all’ora di educazione fisica e una leggera pacca sulla schiena accompagnata da un sorriso smagliante del compagno adescatore.

L’ignaro adescato, invece, girava per la palestra e per i corridoi con un pescione penzolante dietro le spalle e un fragore innocente faceva da cassa di risonanza durante la ricreazione.

Mi torna in mente la scena del film cult “Ritorno al futuro” e il cartello “kick me” sulla schiena del buon George Mcfly …e sorrido alla nostalgia di quelli che ancora potevano essere chiamati “scherzi”.

E aggiungo innocui.

In meno di trent’anni lo scherzo, come molte altre cose del resto, è cambiato. In peggio. È diventato un modo di imporsi; quella che era una bravata si è mutata in un atto vandalico e lo spadroneggiare è un valore sempre più comune nei giovanissimi di oggi.

Essendo madre di un ragazzino tredicenne, non vi nascondo la mia preoccupazione. Poche settimane fa, un compagno di scuola di mio figlio è andato a far merenda in un fast food insieme ad un amico, dopo gli allenamenti di calcio.

Metà pomeriggio di un giovedì.  Sulla strada del ritorno, sono stati avvicinati da tre ragazzini, all’incirca coetanei, che hanno chiesto loro dei soldi.

Ancora poco esperti, data l’età, a gestire situazioni “anomale”, hanno risposto negativamente alla richiesta fatta. Nemmeno il tempo di chiedersi se fosse stata la risposta esatta, si sono ritrovati con un braccio strinto al collo, strattonati contro la panchina sul binario della tramvia.

Il pavoneggiamento dei goliardici ragazzini nell’aver ottenuto ben 5 Euro, sarà stato degno di oscar.

Da sempre è esistito il “Beef” della situazione, il ripetente più grande di età o il più svogliato di classe che, aiutato da gregari devoti, si divertiva a fare scherzi agli studenti più timidi ed indifesi.

Ma qui si parla di altro.

Di noia, inadeguatezza, insoddisfazione o mancanza di amore?

Parole che hanno un peso inadeguato per la loro giovane età, ma che purtroppo fanno capolino già in anni in cui dovrebbero pensare a ben altro.  I ragazzi difficilmente hanno “colpe” per questo. Potremmo stare ad ore a capirne i motivi, più o meno ovvi. Sicuramente anche noi genitori rientreremmo nella lista e forse sul podio.

Nella nostra vita, alla loro stessa età, chi aveva la scena erano ginocchia sbucciate, carte da gioco nei raggi della bicicletta e un sano pesce d’aprile sulla schiena.

Che peccato.

 

 

 

 

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1 commento

Stefano 1 Aprile 2023 - 11:03

Non saprei dire quando ho attaccato il mio primo pesce d’aprile e penso che nessuno me l’abbia insegnato, sta di fatto che a un certo punto della mia vita lo facevo e lo subivo in mezzo a grandi risate di tutti.
Immagino … spero! … che nessuno abbia insegnato a quei ragazzi a mettere un braccio attorno al collo ai loro coetanei, lo hanno imparato dalla vita proprio come io con i pesci di carta. Lo hanno imparato dalla società in cui vivono.
Così mi vien da pensare che la violenza e la necessità di prevaricare a tutti i costi sia una cosa che i ragazzi stanno respirando in un’atmosfera sociale che certo non educa al rispetto degli altri. I fatti di cui sentiamo parlare tutti i giorni, non ultimo questo, ne sono testimonianza.

Ma la società siamo noi … giusto?
Quindi siamo noi gli educatori o dis-edicatori … giusto?
Allora cambiamola questa società usando come strumento la gentilezza e l’educazione alla gentilezza.
Semplice, vero?
Basterebbe metterci un po’ d’impegno per diventare riferimenti positivi per gli altri che a loro volta lo saranno per altri ancora e così via, fino ad arrivare a quei ragazzi.

Richard Thaler, premio Nobel per l’economia nel 2017, diceva che sostegni positivi, suggerimenti o aiuti, anche indiretti, sono capaci di influenzare i motivi e gli incentivi che fanno parte del processo di decisione di gruppi e individui con la stessa efficacia di istruzioni dirette, legislazione o coercizioni.
Lui la chiamava “spinta gentile”, che potremmo più semplicemente chiamare “gentilezza”, così se il mondo fosse più ricco di quelle “spinte” probabilmente anche i ragazzi sarebbero più orientati verso un abbraccio e un sorriso che verso la violenza.

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