La notte del 19 ottobre del 2022 un ragazzo di 18 anni camminava in compagnia di un gruppo di amici quando una Suzuki Swift che viaggiava ad almeno 70 chilometri lo ha investito e ucciso.
Francesco Valdiserri era sul marciapiede della Cristoforo Colombo e l’auto viaggiava ad oltre il doppio della velocità consentita su quel tratto di strada, 30 km/h.
Una tragedia che, da padre, mi colpì tantissimo perché a 18 anni non si può smettere di vivere per follie simili e da genitori non si dovrebbe essere costretti a vivere in compagnia di un dolore come quello della perdita di un figlio.
La sicurezza per i pedoni sembra esistere solo in teoria visto che nel 2022, oltre a Francesco Valdiserri, sono morte altre 306 persone.
307 pedoni, erano stati 271 nel 2021 e 240 nel 2020, usciti e mai più rientrati a casa.
Occorre poi aggiungere ai decessi il dato, anch’esso grave, dei pedoni gravemente feriti. L’Osservatorio ASAPS ha calcolato in oltre 1.200 i casi, in aumento rispetto al 2021, 100 al mese, in cui il pedone è stato ricoverato in codice rosso presso le rianimazioni e i reparti di terapie intensive, dove alcuni sono deceduti, mentre altri sono stati salvati dai sanitari ma hanno riportato lesioni permanenti.
Sono numeri che debbono farci riflettere. La sicurezza di ognuno di noi è figlia non solo dei nostri comportamenti, ma anche, e soprattutto, di quelli delle persone che ci circondano.
La sicurezza ed il camminare per strada li associo al ricordo di mia nonna ed a tre, tra i tanti, suoi insegnamenti:
- Fai attenzione alle macchine.
- Attraversa sulle strisce.
- Guarda sempre sia a destra che a sinistra.
Tre raccomandazioni che, a distanza di parecchi lustri, porto sempre con me. Altri tempi, fine anni ’60 ed inizio anni ’70, molto più giovane io e molte meno auto in giro rispetto ad oggi.
La realtà dei numeri, tra decessi e feriti gravi, dice che, per preservare la nostra incolumità, occorre fare moltissima attenzione perché la vita da pedone non è poi così sicura.
Pensiamo a quante volte, pur apprestandoci ad attraversare sulle teoricamente protettive strisce, le auto non si fermano.
Da inizio anno ho preso a contare il numero delle occasioni in cui sarei stato investito da un’automobile se mi fossi affidato al mio diritto di attraversare sulle strisce pedonali confidando nel rispetto del codice della strada da parte degli automobilisti.
Non parlo del pedone che all’improvviso si getta sulle strisce, ma di un comportamento che mette in condizione l’automobilista accorto di rendersi conto che il sottoscritto sta per iniziare ad attraversare la strada. Da gennaio a fine maggio 2023 ho contato ben 408 mancati investimenti, una media giornaliera di 2,7 collisioni del sottoscritto con automobilisti menefreghisti, incivili o distratti.
Siamo talmente messi male sotto questo punto di vista che quando un’auto si ferma per farci attraversare alziamo la mano per ringraziare il conducente. Quasi che ci sentissimo in colpa di aver interrotto Charles Leclerc, Max Verstappen e Lewis Hamilton durante in Gran Premio di Montecarlo.
Passando dai problemi attuali alle possibili soluzioni, vale la pena sottolineare la risoluzione 2021/2014 del Parlamento Europeo, che raccomanda di «applicare la velocità massima di trenta chilometri all’ora, come regola generale, nelle zone residenziali e nelle zone con un numero elevato di ciclisti e di pedoni».
Nel Piano urbano della mobilità sostenibile (Pums) c’è un riferimento esplicito alla necessità di passare dalle Zone 30 alla Città 30 per raggiungere gli ambiziosi – ma al momento utopici – obiettivi europei delle vittime sulle strade dimezzate entro il 2030 e azzerate entro il 2050.
So già che gli arrivati a questo punto adepti del rombo del motore hanno iniziato a storcere il naso, eppure, se pensiamo a spostamenti di 2 o 3 chilometri all’interno delle città, una gestione differente della velocità non comporterebbe un aumento intollerabile dei tempi di percorrenza. Milano, ad esempio, la si attraversa da parte a parte percorrendo 7 chilometri; è questa la distanza dal Portello a Calvairate.
Come evidenziato da alcuni studi, procedendo più lentamente, il conducente del veicolo ha un campo visivo molto più ampio e ha bisogno di meno spazio per arrestare il veicolo in caso di imprevisto. Più la velocità dell’auto è elevata, maggiore è il rischio di incidente e più gravi sono le conseguenze.
I dati Aci/Istat mostrano che – in ambito urbano – i sinistri stradali causati dall’eccesso di velocità provocano il 43,9 per cento dei morti e il 69,7 per cento dei feriti.
A preoccupare è anche il numero di sinistri provocati dalla guida distratta, responsabile secondo i rilievi dell’Asaps del 25% delle morti: sotto accusa l’uso indiscriminato del cellulare alla guida, soprattutto nella messaggistica istantanea e nelle dirette sui social network.
Per un pedone, si legge su un report dell’Ufficio prevenzione infortuni (Upi), la probabilità di morire in una collisione con un veicolo che viaggia a cinquanta chilometri orari è sei volte superiore rispetto a un veicolo che procede a trenta chilometri orari.
Chi di noi uscirebbe di casa sapendo che, varcando la porta di casa, il rischio di morte è destinato ad aumentare di ben sei volte?
Le analisi statistiche della banca dati Vamis dell’Upi evidenziano inoltre che, con la riduzione della velocità da cinquanta a trenta chilometri orari, gli incidenti gravi diminuiscono del trentatré per cento.
Senza tralasciare i dati relativi allo spazio di arresto di un’auto, ossia la distanza percorsa dal veicolo dal punto in cui il conducente percepisce il pericolo fino al punto di arresto totale.
Per un’automobile che viaggia a trenta chilometri orari, lo spazio di arresto è di circa venti metri. Per una che circola a cinquanta chilometri orari, invece, è di quasi quaranta metri. Cosa significa?
Mentre un’auto che circola a trenta chilometri orari si è già fermata dopo una frenata brusca, si legge sul report Upi, «una che viaggia a cinquanta chilometri orari si trova ancora nella fase di reazione.
In caso di collisione con un veicolo che circola a cinquanta chilometri orari, tre pedoni su dieci non sopravvivono».
I morti sulle strade sono in aumento e la velocità è uno dei principali fattori di rischio. Serve una nuova cultura della velocità all’interno delle nostre città. Città in cui la lentezza, come spiega Paolo Pileri nel suo libro “Progettare la lentezza”, va resa socialmente desiderabile.
O la manciata di minuti che noi stiamo risparmiando sono più importanti della vita di un ragazzo di diciotto anni?
Fast Car – Tracy Chapman
You got a fast car
I want a ticket to anywhere
Maybe we make a deal
Maybe together we can get somewhere
Anyplace is better
Starting from zero got nothing to lose
Maybe we’ll make something
But me myself I got nothing to prove
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