Come Dan Brown, forse con meno pretese di scrivere un best-seller, stavo riflettendo su quanto l’utilizzo di un assistente virtuale come ChatGPT mi abbia completamente cambiato la vita professionale. Mi spiego meglio.
Sono sempre stato un promotore dell’innovazione tecnologica, ma soprattutto di tutti gli strumenti che mi semplificano il lavoro, migliorandolo e dandomi supporto su attività che non ero oggettivamente in grado di fare in autonomia o che non avevano il tempo di essere sviluppate nel modo migliore. Ho quindi deciso di iniziare ad utilizzare strumenti come ChatGPT, Gemini, Copilot, l’AI di Canva e tanti altri tool online per migliorare e ottimizzare il lavoro.
Ma questi non possono essere definiti come vere e proprie intelligenze artificiali. Ci semplificano il lavoro, certo, ma sono semplici interrogazioni su un database ampio (un’interrogazione molto complessa, ma nulla di sconvolgente). Molto spesso, infatti, si pensa che uno strumento che sa interpretare e fare velocemente una cosa possa essere definito AI. Beh, non proprio. Tutti quei bei software sopra citati li possiamo comunemente chiamare assistenti virtuali, sviluppati con un semplice motore di AI che apprende e impara dalla nostra interazione con esso.
L’intelligenza artificiale, invece, è ben differente. È un meccanismo in grado di apprendere ed evolversi grazie all’esperienza, migliorandosi e costruendosi una propria identità nella risposta che fornisce, dando la percezione di interagire con una figura che ragiona con una certa autonomia. Creatività, pianificazione, ragionamento e apprendimento sono alla base dell’AI moderna. Utilizzarla nel modo corretto può trasformarla in un serio alleato per il nostro lavoro.
Ma perché utilizzo questi strumenti in ambito HSE?
Quando in un corso di formazione dobbiamo rappresentare un particolare rischio, l’AI generativa ci consente di creare immagini o video che descrivono situazioni pericolose senza lasciare nulla all’immaginazione. È vero che molti algoritmi non permettono di rappresentare situazioni di infortuni o incidenti gravi per ragioni etiche, ma molte immagini possono comunque rappresentare scenari realistici.
Per esempio, possiamo chiedere: “Realizzami un lavoratore sospeso su un’impalcatura, attaccato ai propri DPI”. Si tratta di una situazione molto difficile da cogliere, che speriamo di non dover mai affrontare. Ma con un semplice prompt, non dobbiamo mettere a rischio nessuno né dover soccorrere qualcuno in una situazione di emergenza. Possiamo rappresentarla in modo sicuro, con un’immagine che ci permette di entrare nei dettagli, discutendo cause, effetti e potenziali danni, poiché sono rappresentati lì, davanti a noi, come una fotografia.
L’AI generativa, dunque, diventa un potente strumento per la formazione HSE, permettendo di visualizzare rischi complessi in modo immediato e tangibile, contribuendo a sensibilizzare i lavoratori e a migliorare la consapevolezza del rischio.
In conclusione, mentre l’intelligenza artificiale sta evolvendo rapidamente e le sue applicazioni sono sempre più diffuse, è importante ricordare che non tutte le tecnologie che sembrano “intelligenti” lo sono veramente. La differenza tra un assistente virtuale e una vera intelligenza artificiale risiede nella capacità di apprendere, evolversi e rispondere con un livello di autonomia che va oltre la semplice esecuzione di compiti predefiniti.
In ambito HSE, utilizzare questi strumenti può essere un passo fondamentale per rendere la formazione più efficace e coinvolgente, trasformando la sicurezza in una realtà visiva che non lascia spazio a fraintendimenti
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