“Sono qui, seduto sulla sponda del letto di un ospedale.
Il volto segnato dalle lacrime, che continuano a scendere lungo le guance, fino a cadere sul dorso delle mie mani.
Riesco a stento a stare in questa posizione, ho dolori in ogni parte del corpo dovuti all’impatto, ma niente è come il tormento che dovrò portarmi dentro per tutta la vita.
Lei è morta, una giovane madre!”
Questo potrebbe succedere quando si corre per andare al lavoro, il così detto “infortunio in itinere”. Ma il vero dramma è ciò che potremmo causare agli altri, come, appunto, alla giovane madre di cui sopra.
Quando al mattino mi reco al lavoro sono in macchina molto presto, circa le sei, e percorro per dodici chilometri una strada di campagna. Questo tragitto, nonostante attraversi un territorio nel bel mezzo dei campi, è caratterizzato da una strada prevalentemente diritta; per tal ragione, ci sono conducenti che sfrecciano a velocità elevate, sorpassando, il più delle volte senza neppure attivare l’indicatore di direzione, chi, invece, rispetta i limiti di velocità.
In questo periodo, con umidità e nebbia a banchi, il percorso diventa molto pericoloso, ma, come se niente fosse, i “piloti” continuano a sfrecciare incuranti della tragedia che potrebbero causare.
Mi domando spesso se tutta questa fretta sia dovuta al fatto di voler dormire cinque minuti in più. Se così fosse, proprio non riuscirei a comprendere tale azione.
Se, invece, il motivo fosse un altro?
Cosa spinge la gente a dover correre così veloce già a quell’ora, rischiando la propria vita o, peggio ancora, mettendo in pericolo la vita di altri?
Ho visto i dati aggiornati fino al 2019.
Nel 2019 le denunce di infortunio in itinere sono state 106.000 (+2% rispetto al 2018), 73.000 infortuni in itinere con coinvolgimento di un veicolo (circa il 75% degli infortuni complessivi), 318 i decessi a seguito di infortuni in itinere (pari al 27,5% dei decessi totali per incidente sul lavoro).
La nostra vita, o quella di chi condivide con noi gli stessi spazi, dipende molto dalle nostre azioni.
Facciamo in modo di non trovarci nella stessa situazione descritta all’inizio dell’articolo; cinque minuti di sonno in più non cambiano la nostra vita e, soprattutto, non devono cambiare la vita agli altri.
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