Ci sono ricordi dell’infanzia che restano indelebili. Uno di questi per me è la collezione dei fumetti Diabolik, passione trasferita da mia madre e condivisa con mia sorella. Come tante passioni si è affievolita anche questa, ma non perché non fossi affezionato al criminale più elegante che la storia del fumetto ci abbia regalato.
Non potevo quindi esimermi dall’andare a vedere la traduzione cinematografica dei Manetti Bros, ancora in sala al cinema. Una pellicola noir dai ritmi lenti come è giusto che fosse. In un mondo senza device, social network e internet tutto necessariamente era più lento e già questo serve a ricordare bei tempi ormai andati.
Recenti serie TV sono state bombardate dalla critica perché il “cattivo” diventa protagonista e lo spettatore diventa tifoso di quello stereotipo, ma in molti si dimenticano che già nel 1962 le sorelle Giussani hanno giocato con l’eroe cattivo. Un criminale paragonabile per stile alla versione più elegante di James Bond, con in più quegli occhi diabolici tali da far infatuare Eva Kant, divinamente interpretata da Miriam Leone in versione femme fatale, e da far incazzare in ogni uscita il detective Ginko. Nel film Diabolik è Luca Marinelli che, seppur sia uno dei migliori attuali attori del momento, a mio parere è stato messo in un ruolo che non era il suo. Ginko è interpretato dal superlativo Valerio Mastrandrea.
Anche a me piacerebbe che in una metafora fossi paragonato a Diabolik, ma noi appassionati di sicurezza sul lavoro siamo molto più Ginko. Diabolik, soprattutto nelle sue prime uscite, era un ladro davvero spietato, con l’immancabile coltello che taglia l’aria prima di trafiggere la schiena del malcapitato. Quel Diabolik è la cultura della sicurezza che senza remore si appropria della mente e della vita delle persone come se fosse uno dei tanti diamanti rubati nell’immaginaria Clerville.
L’arguto Ginko è sempre a rincorrere l’uomo in tuta nera e, nonostante la sua bravura, finisce sempre per essere preso per il naso. Un po’ come noi che, nonostante i nostri sforzi, ci svegliamo con la notizia dell’ennesima morte sul lavoro, un’altra vita rubata dal nostro Diabolik.
Le sorelle Giussani hanno procrastinato per ovvie ragioni la fine di Diabolik e finora, anche quando è stato arrestato, l’ha fatta sempre franca. Un po’ quella cultura della (in)sicurezza che non riusciamo ad ingabbiare. Mi piace pensare che la nostra versione di Ginko abbia risultati migliori del personaggio del fumetto e che in un modo o nell’altro riusciremo a mettere dietro le sbarre il nostro nemico e a buttar via la chiave della cella.
Nota speciale al brano trainante del film, quel “La profondità degli abissi” di Manuel Agnelli, una perla rock che Diabolik non ha avuto bisogno di rubare perché gli è stata magistralmente donata.
Giorni un po’ difficoltosi
Giorni un po’ pericolosi
Non aver paura, sai perché
La verità
La verità si può cambiare
La verità
La verità si può travestire
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