Moltissime persone iniziano la giornata con la melodia, o il tormento, della sveglia. Il tempo scandisce le fasi della nostra giornata, imbrigliato in schemi di 24 ore, il tempo che è percepito in maniera del tutto relativa da ogni singola persona, se sono annoiato o felice, giovane, adulto o anziano. Comunque vada è democratico, un unità di misura che dopo la nascita scorre fino al giorno che ci viene concesso.
Quando chiudiamo la porta di casa e varchiamo il portone che separa lo spazio privato dal pubblico, la percezione si espande, ma in che direzione? Ancor prima di enunciarlo, pensate che la gestione del tempo nella “res publica” (intesa come ricchezza) sia condivisa, equa o egocentrica?
Ho voluto porre una domanda prima di considerare come la volontà di ognuno tenda a prevalere in un luogo pubblico, spazio in cui la condivisione sembra essere a malapena tollerata nelle migliori giornate di primavera in cui il cielo è limpido, terso, dai tratti turchino e azzurri, l’aria è frizzante, il vento soffia quel giusto da eliminare l’umidità in eccesso ma non crea fastidio agli occhi, trasporta i profumi sottili della natura in risveglio… insomma la giornata perfetta.
Basta un intoppo leggerissimo che ci trasformiamo in esseri portati a giustificare sopra la moltitudine la nostra singolarità e la sfoghiamo in strada. Il battito cardiaco aumenta, il respiro si velocizza, il pedone inizia a scartare altri pedoni e oggetti fissi, si irretisce se altre persone rallentano la sua frequenza. E siamo solo al pedone… chi guida il monopattino elettrico sfrutta la promiscuità di spazi anche a lui non concessi, il ciclista abusa della sua larghezza contenuta, il motociclista della sua velocità e danza tra i veicoli più grandi, e quindi lenti, le vetture odiano i mezzi pesanti e chi riesce a guidare in maniera rilassata perché non ci capiscono, non capisco che noi abbiamo un lampeggiante acceso, lampeggiante che non esiste, ma noi sappiamo di aver ragione e, accidenti, abbiamo la priorità. Ecco, supero, scarto, guadagno dieci secondi qui,
cinque dopo, tre allo scartamento successivo e… GAME OVER!
Pensate che tutto ha inizio da un genitore che ancor sul marciapiede, alla visione del semaforo pedonale arancione, dice al figlio “corri che è arancione”… tutto ha inizio da quel momento.
Il guadagno è talmente insensato e percepito tale solo da noi quando il traffico, oppure un viaggio in generale, è dettato da statistiche solide e non dalla percezione di parziali momenti. In quel momento ho fatto un incidente e perdo oltremodo tantissimo tempo, perdo soldi, perdo autostima, perdo la vita, il mio gesto entra nello spazio di altre persone rallentando la loro vita senza che ne abbiano colpa alcuna, dimostro quanto sono egoista. L’incidente è la più alta forma di egoismo stradale.
Dove si nasconde il nemico quindi?
Il nemico è quella persona che vedo dallo specchietto retrovisore, siamo noi stessi. Lo stesso nemico che nella vita accompagnò Jaco Pastorius, il Paganini del basso, musicista punk rock nell’anima che nel 1974 dimostrò l’iper virtuosismo e inventò la musica Jazz elettronica con il super gruppo Wheater Report, idoli indiscussi. I fan che andavano al concerto di Ozzy il giorno seguente erano al loro. Lui che duellava con il tastierista Joe Zawinul come un automobilista duella con il tempo, per avere la meglio ma in maniera distruttiva. Pastorius si accorse tardi di avere una nemesi dentro di sé, un bipolarismo che vinse le sue resistenze in tarda età dopo gli anni 80, che lo obbligò a creare cacofonie musicali incredibilmente complesse, trovare la morte durante il concerto di Carlos Santana quando il buttafuori lo spinse per terra sbattendo la testa per terra in malomodo.
Dopo tanti atteggiamenti sbagliati, uno gli fu fatale.
Ho scelto Rocket Man perché voglio essere sarcastico e siete liberi di stigmatizzare la mia scelta ma per rispetto a Joe, non ho la sensibilità di capire il jazz e preferisco il rock pop.
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