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Quanto siamo disposti a rischiare per portare la pagnotta a casa?
Ci domandiamo come un lavoratore possa montare sopra un tetto senza protezioni o lavorare con un macchinario privo di sicurezze. Posto che il lavoratore percepisca i rischi, ipotizziamo che ci sia una sorta di coercizione da parte del suo capo. Della serie o così o pomì.
Eppure il Codice Civile tutela la persona proprio in occasione di questi scenari con l’art. 2087:
“non solo è legittimo, a fronte dell’inadempimento altrui, il rifiuto del lavoratore di eseguire la propria prestazione, ma costui conserva, al contempo, il diritto alla retribuzione in quanto non possono derivargli conseguenze sfavorevoli in ragione della condotta inadempiente del datore“
Qui su ROCK’N’SAFE sappiamo che costruiamo la cultura della sicurezza sul lavoro attraverso la consapevolezza e la motivazione verso i valori prima ancora che con il rispetto delle norme. A darmi aiuto in questa riflessione ci hanno pensato i Pearl Jam.
Gli anni’90 sono stati un’esplosione di novità e tra queste c’è stata la distruzione del rock targato anni ’80, così come è successo nelle precedenti decadi nei confronti dei decenni precedenti. Nuovi movimenti hanno rinnegato criniere cotonate, fuochi d’artificio sui palchi e assoli di chitarra tiratissimi con la volontà di tornare alle origini del rock. In questa rivoluzione i Pearl Jam hanno fatto la parte del leone insieme alle altre band emerse dal movimento grunge.
Dopo l’idilliaco primo album Ten del 1991, i ragazzi di Seattle non si fanno attendere con il secondo album Vs. Un album di ribellione, come il muso della pecora schiacciato contro il recinto in cui è imprigionata e che è protagonista della copertina. Un orecchio minimamente sensibile non può rimanere indifferente all’ottava traccia Rearviewmirror e la sua scarica di energia. In questo brano Eddie Vedder racconta dell’emancipazione di un ragazzo che decide di fare un giro in macchina, dello stato emotivo di quando ti lasci indietro qualcosa di tossico nella tua vita. Cinque minuti scarsi che non ti lasciano il tempo di respirare e che ti fanno saltare in piedi dalla poltrona tanta è l’adrenalina che sprigiona. Probabilmente Eddie si riferisce al rapporto tormentato con il patrigno e la rabbia nel lasciarsi tutto alle spalle, ma nei suoi testi ha utilizzato spesso una comunicazione abilmente vaga per concedere all’ascoltatore il libero arbitrio dell’interpretazione.
A meno che non tu sia Elettra Lamborghini (con tutto il rispetto non te lo auguro), lavorare è una necessità, è inutile menar il can per l’aia. È necessario per avere un reddito, ma a quale prezzo? I soldi servono per pagare la rata del mutuo, il gelato al figlio e un vinile ogni tanto del nostro gruppo preferito. In sostanza servono per soddisfare i bisogni primari per campare e nutrire qualche nostro vizio. In altre parole ci permettono di vivere. Se per vivere dobbiamo guadagnare soldi, ma per guadagnare soldi dobbiamo rischiare la vita, cominciano ad esserci accordi e note che stonano nel nostro spartito.
Annualmente passiamo oltre il 30% del nostro tempo a lavorare. La qualità di quel tempo e la rassicurazione di non correre particolari rischi dovrebbe essere il nostro primo interesse. A cosa servirebbe tutto il nostro sudore se proprio il lavoro ci logorasse e fosse l’epilogo della nostra avventura su questa Terra?
Ecco che, quando un capo se ne fotte della nostra salute e della nostra sicurezza, quando quella persona è sorda a qualsiasi tipo di confronto e compromesso, allora per amor proprio e dei nostri cari dobbiamo avere il coraggio di montare in macchina, accendere i motori e salutare con il dito medio quel tiranno. Auguriamoci di farlo con un bel brano rock, magari cantando a squarciagola Saw things so much clearer, once you were in my rearviewmirror (ho visto le cose così più chiaramente una volta che ti sei ritrovato nel mio specchietto retrovisore).
Vi lascio al vostro pogo interiore ascoltando questo bellissimo brano, possibilmente a tutto volume.
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