A volte accade… a volte accadono delle cose strane… delle cose che nessuno si aspetta… e qualche settimana fa è successo qualcosa che proprio non mi aspettavo: la morte sul lavoro è andata in tv, sulla tv mainstream.
I primi articoli sono apparsi sui soliti giornaletti locali, dove di tanto in tanto si leggono notizie simili, ma questa volta invece della classica fotografia di un ponteggio ammaccato o di un’ambulanza l’articolo era accompagnato da una fotografia di una giovane e sorridente ragazza. Click… condividi… click… condividi et voilà: il mondo si è improvvisamente ricordato che di lavoro si può morire, ma non che di lavoro si muore tutti i giorni.
Tutti a scrivere sull’accaduto ed a spiegare cosa è successo con articoli interi sulla vita e sulla morte di una giovane ragazza, sugli esiti dell’autopsia e sui nomi a registro indagati, ma nessuno che cerchi di spiegare chi è il serial killer che ha ucciso Luana.
Poi ho letto un articoletto sull’edizione locale “Milano” del Corriere in cui si evidenziava come una ragazza ancora più giovane, di soli 17 anni, grazie alla formazione ricevuta e al defibrillatore scolastico ha salvato una vita: quella di un suo compagno. Ci ho provato a condividere il più possibile la notizia e speravo potesse partire la stessa onda mediatica ma nulla: una vita salvata non tira quanto una morte.
Eppure in quell’articolo c’era l’antidoto, c’era l’evidenza che il nostro serial killer può essere fermato… tutti a guardare la pozzanghera e nessuno che si accorga che sta piovendo!
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