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Abbiamo chiesto a Simone Martina come Cerved ha affrontato la pandemia e gestito in modo innovativo lo smart working.
Il Gruppo Cerved conta sedi nella gran parte d’Italia ed è composto da migliaia di collaboratori. Qual è stato l’approccio che avete avuto per preservare loro sin dall’inizio della pandemia?
Sì, Cerved Group impiega più di 2.500 persone, tra dipendenti e collaboratori, e fin dall’insorgere dell’emergenza sanitaria, la loro sicurezza è stata la nostra priorità.
Per questo motivo abbiamo adottato rapidamente nuove modalità di lavoro e nuove iniziative al fine di tutelare la salute delle persone e di garantire la massima trasparenza nella gestione dell’emergenza sanitaria.
Ricordo ancora benissimo quel 23 febbraio 2020, giorno in cui, anticipando le disposizioni restrittive nazionali, abbiamo invitato le persone a lavorare in smart working, dando così la possibilità al 97% dei nostri dipendenti di lavorare in modalità agile dal proprio domicilio, in totale sicurezza.
Quanto l’alta Direzione ha coinvolto le altre linee aziendali nel prendere una decisione così importante, ancor prima che fosse disposta a livello normativo?
La stretta collaborazione della Direzione Cerved, unita alla volontà condivisa di mettere al centro di ogni iniziativa la salute dei nostri collaboratori e delle loro famiglie, ha permesso in tempi molto rapidi di attivare uno specifico Comitato di crisi per indirizzare le principali decisioni a livello aziendale e monitorare costantemente l’evolversi della situazione.
Sebbene la pandemia abbia accelerato prepotentemente il processo di evoluzione della modalità di lavoro, possiamo dire che la lungimiranza del Management ci ha permesso di non trovarci totalmente impreparati nella gestione dell’emergenza: già nel 2018, infatti, Cerved aveva adottato un regolamento di Smart working, permettendo alle proprie persone di lavorare in modalità agile un giorno a settimana.
Una prontezza del genere ha come presupposto un mindset rivolto all’attenzione della persona. Qual è la visione del Gruppo e come investe il benessere dei propri collaboratori?
Negli ultimi anni Cerved ha posto sempre maggiore attenzione alle proprie persone e al loro benessere, adottando iniziative che potessero favorire un work-life balance. Tutti noi passiamo la maggior parte della nostra giornata lavorando, pertanto il nostro obiettivo è quello di garantire un ambiente di lavoro piacevole, dove ci sia rispetto, diversità, fiducia, dove si possano esprimere le proprie idee, dove si possa crescere.
L’attenzione alle persone, unita alla cultura della fiducia e l’ascolto sono stati i fari che ci hanno guidato e che ci hanno permesso di affrontare anche un anno difficile e inatteso come il 2020.
Comunicazione, coinvolgimento e trasparenza sono state le cifre che ci hanno caratterizzato: abbiamo la fortuna di avere Workplace (piattaforma social) e questo ci ha aiutato ad essere tempestivi, immediati e a raggiungere velocemente tutti i nostri colleghi.
Un ruolo chiave e strategico quello dei Manager che in pochissimo tempo hanno dovuto ripensare a come gestire le attività lavorative a distanza garantendo continuità operativa, qualità e produttività dei servizi offerti. Per supportarli, abbiamo creato la community Smart Manager su Workplace, un vero e proprio hub dove i manager hanno condiviso idee, esperienze, difficoltà nel gestire i team da remoto. Alcuni erano già abituati, altri no. Grandissimo il loro impegno nel mantenere alto il livello di commitment delle persone; ritengo sia stato fondamentale far sentire le persone vicine (virtualmente). Il traffico dati su MS Teams è cresciuto esponenzialmente.
In breve tempo, abbiamo adottato misure a supporto delle persone nella gestione dell’emergenza, come il servizio di supporto psicologico, attivo 24/7 gestito da professionisti, una piattaforma online di Welness & Fitness, oltre a diverse coperture assicurative COVID.
Questa scelta ha preservato la salute delle persone ed ha richiesto una buona dose di coraggio: è stato un cambiamento epocale del lavoro. Che risultati state ottenendo con uno smart working così largamente diffuso?
Quello dello smart working è un tema ampiamente dibattuto nel mondo HR già da vent’anni, la pandemia nella sua tragicità ci ha obbligati a prendere in pochi giorni delle scelte che avrebbero richiesto anni di sperimentazione, pilot e analisi sulla produttività.
In questo contesto, Cerved ha dimostrato di avere non solo resilienza e spirito di adattamento, ma anche proattività, innovazione e creatività. Non abbiamo solo reagito, ma siamo stati in grado di aiutare il sistema Paese creando nuovi servizi, facilitando ad esempio l’erogazione dei contributi del fondo di garanzia.
Ad un anno di distanza possiamo affermare che, grazie allo spirito di adattamento delle nostre persone e al loro senso di responsabilità, la produttività non ne ha risentito. Anzi, nei mesi di lockdown hanno lavorato di più, spesso anche con il rischio di non riuscire più a tracciare una linea di demarcazione tra vita lavorativa e privata.
Per tutelare i nostri colleghi ed evitare il rischio di overworking, abbiamo sentito l’esigenza di condividere una netiquette, che definisce le raccomandazioni per lavorare bene in smart working, preservando il life-work balance e garantendo il diritto di tutti alla disconnessione.
Questo periodo di emergenza prima o dopo sarà destinato ad esaurirsi. Come vi immaginate il ritorno alla normalità?
Sarà il mercato del lavoro a definire la nuova normalità, se le aziende leader continueranno con lo smart working gli altri dovranno adattarsi.
Lo Smart Working rimarrà; quanto e come è la vera domanda. Cosa si tornerà a fare in ufficio e perché?
Abbiamo colto la portata del cambiamento legato allo Smart Working, un cambio di paradigma del modo di lavorare ben oltre il solo bilanciamento dei giorni a casa e di quelli in ufficio, avviando a giugno il progetto New ways of Working, con i colleghi di MBS Consulting, per costruire la Cerved del futuro, per rendere lo Smart Working elemento abilitatore di un’organizzazione sostenibile.
È stato seguito un processo di co-creazione interno che ha coinvolto tutti i livelli aziendali, puntando sulla figura dei manager come motore del cambiamento. Abbiamo realizzato la Matrice del NWoW che mette in relazione i giorni di SW possibili per ogni ruolo aziendale con il desiderata dei colleghi.
Per farlo abbiamo mappato la popolazione aziendale (con un lavoro di squadra che ha coinvolto HR e manager) individuando 144 job e 4 famiglie professionali. Per ogni ruolo abbiamo compreso le attività che “funzionano meglio” dal vivo, i giorni di remote working target, i principali KPI di performance e gli enabler del cambiamento. E abbiamo così definito i Nomadi, gli Stanziali e i Flessibili.
I manager avranno la responsabilità di creare il giusto ambiente di fiducia, lavorando per obiettivi superando la sola dimensione del tempo, organizzando i momenti di presenza in azienda. L’assenza del vincolo fisico aiuterà percorsi di carriera senza obbligo di cambio di residenza.
La vera sfida sarà quella di superare alcuni limiti. Cosa ci è mancato in questo periodo? Serendipità, informalità, occasioni spontanee, training on the job, senso di appartenenza. Pensate alla difficoltà di un neo assunto ad inserirsi in un’azienda virtuale!
Il New Normal non potrà ovviamente prescindere dal ripensamento degli spazi, che dovranno anch’essi diventare Smart: ci vorranno più aree dove collaborare, unire le sinapsi, generare nuove idee e meno scrivanie. Non necessariamente meno metri quadri, noi ad esempio stiamo sperimentando alcune soluzioni nella nuova sede di Torino senza ridurre gli spazi.
E qui una provocazione: perché fermarsi ai soli dipendenti? Presto vedremo spazi aziendali destinati ad ospitare lavoratori di altre aziende e magari anche studenti della zona, un’alternativa agli spazi tradizionali di coworking, per fare vera open innovation.
Credo che questo sia il momento di sperimentare, innovando divertendosi.
In conclusione direi che un ritorno alla normalità per come la conoscevamo non sia contemplabile: il new normal è già entrato nelle vite delle persone, modificandone le abitudini e le esigenze, e se non saremo noi ad anticipare l’evoluzione, sarà il mercato ad imporcela.
Il driver che spingerà i candidati di talento verso un’azienda piuttosto che un’altra oggi non saranno più solo la retribuzione, la possibilità di crescere, un ruolo di maggiore responsabilità: i candidati chiederanno maggiore flessibilità che per me è possibile solo dove è presente una forte cultura della fiducia: è questa la vera sfida.
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