Per chi di voi, come me, si avvicina alla soglia dei 50 (o l’avesse già varcata) il titolo di questo film western del 1966 diretto dal grande Sergio Leone, che vede come protagonista il mitico Clint Eastwood (il Buono?), non è affatto sconosciuto.
Nell’arco della nostra vita, abbiamo ritrovato alcuni degli appellativi del titolo di questo film calati su diverse persone a seconda dell’epoca.
In quello stupendo periodo della vita, che viene definito infanzia, distinguere il Buono dal Cattivo era molto semplice.
A scuola, il Cattivo era quello che se ne inventava sempre una pur di farsi vedere, anche se questo voleva dire fare stare male qualcun altro. Valeva tutto. Valeva fare male fisicamente o psichicamente, magari prendendo in giro chiunque.
Lo scopo era sempre quello, farsi notare a spese di qualcun altro. Per fortuna c’era anche il Buono, quella persona che era sempre gentile… magari rinunciando a parte della propria merendina per darne un po’ anche a te oppure, difendendoti in prima persona dal Cattivo di turno.
In ambito famigliare, il cerchio degli attori si restringe rispetto a quello della scuola, ma è altrettanto interessante. Spesso nelle nostre teste prevaleva il concetto che uno dei due genitori fosse più Buono dell’altro e, anche se questo non dava automaticamente a quello “meno buono” la qualifica di Cattivo, tale appellativo poteva in qualche modo essere attribuito al genitore più severo.
Durante l’adolescenza, periodo tanto bello quanto delicato, il comune denominatore era un mix tra disorientamento e insicurezza. Quindi, o assegnavamo l’appellativo giusto alla persona sbagliata oppure le persone alle quali venivano assegnati gli appellativi cambiavano in continuazione. E magari quello che era il Buono oggi diventava il Cattivo domani o viceversa.
Ma cosa succede “dall’adolescenza in poi”? E qui vorrei focalizzarmi sull’ambito lavorativo.
Sebbene durante l’infanzia, che si trattasse di scuola o di famiglia, le figure del Buono e del Cattivo venivano individuate con facilità, nel mondo del lavoro (in particolar modo con riguardo alla salute e sicurezza) la cosa si fa assai più difficile…
In questo ambito, spesso, potremmo trovarci con situazioni che potrebbero definirsi ambigue o, addirittura, paradossali.
Quale appellativo dareste a un Datore di Lavoro che non valuta i rischi, che non individua misure di prevenzione e protezione, che non sceglie con accuratezza né fornisce i DPI e men che meno provvede alla formazione e addestramento dei lavoratori all’utilizzo degli stessi, che non verifica che i lavoratori utilizzino correttamente le attrezzature e DPI?
Forse qualcuno lo definirebbe “Brutto e Cattivo”. Ma siamo certi che per molti lavoratori il paragrafo precedente non coincida invece con la definizione di “Datore di Lavoro Buono” o, addirittura, “Datore di Lavoro Ideale”?
Se vedo che un mio collega sta facendo un lavoro senza utilizzare alcun dispositivo di protezione… se non intervengo sono Buono, Brutto o Cattivo?
Non vi è mai capitato di ricevere il premio di “Cattivo dell’anno” (più conosciuto come “rompic… dell’anno”) per esservi preoccupati in tutti i modi di far arrivare a casa sane e salve tutti i santi giorni proprio quelle persone che vi stavano assegnando il mortificante premio? E non solo, più vi davate da fare per raggiungere quell’obiettivo, più voti raccoglievate per l’assegnazione del premio?
Verrebbe da dire… questo ha del paradossale!
Ma non possiamo limitarci semplicemente a fare questa affermazione, dobbiamo spingerci oltre, dobbiamo interrogarci costantemente.
Cosa si aspettano le persone da noi?
Siamo sicuri che all’interno di una azienda perseguiamo tutti degli interessi comuni?
Siamo sicuri di comunicare efficacemente? Siamo certi che i termini che utilizziamo e la maniera in cui parliamo vengano recepiti da tutti nello stesso modo?
O ancora più importante, siamo sicuri che il “messaggio che passa” sia proprio il “messaggio che vogliamo dare”?
Con tutte queste domande che mi frullano per la testa mi ritorna in mente la scena finale del film, il “Triello” (dove la colonna sonora del grandissimo Ennio Morricone aggiunge suspense, grande tensione e una ineguagliabile potenza evocativa al momento dello stallo alla Messicana) e vedo Clint Eastwood, Lee Van Cleef ed Eli Wallach che rappresentano ciascuno di noi nel mondo della salute e sicurezza in ambito lavorativo… e proprio per questo mi piace immaginare un finale diverso, dove tutti buttiamo a terra le armi, ci avviciniamo, parliamo, parliamo, e parliamo ancora… capendoci e condividendo lo stesso pensiero… poi andiamo via, magari con una colonna sonora completamente diversa, per tornare a casa sani e salvi oggi, domani, e tutti i santi giorni della nostra vita.
Gli appellativi non hanno importanza, questi possono variare a seconda delle circostanze e a seconda di chi li assegna, ma importa invece quello che facciamo e quello in cui crediamo veramente. E io credo veramente e affermo che la Sicurezza è un Valore!
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2 commenti
Grande , Claudio,
è una bella spiegazione delicata, chiara e completa. Ho ricopiato il testo e lo mando in giro
Succede spesso di vincere il premio cattivo del mese, cattivo dell’anno, vecchio brontolone.
Hai proposto un finale a sorpresa, chissà ! Guardiamo nell’uovo di Pasqua. Grazie.
Primo
Grazie Primo! Sono onorato e felice che il testo posa dare un piccolo contributo. Infatti, di questo si tratta!