Passati più di trent’anni da quando li ho studiati al liceo, gli eroi epici dei poemi quali l’ILIADE e l’ODISSEA ultimamente si sono riaffacciati nella mia mente.
Grazie probabilmente al fatto che le riletture in età matura di certi classici non sono frutto di compiti bensì di scelte, ho riscoperto in me una vena “classica”, che credevo sopita da anni trascorsi a studiare formule, teoremi e schemi, ad elaborare procedure e documenti tecnici in genere.
Ho avuto così la possibilità di incontrare nuovamente questi eroi, che con le loro gesta hanno appassionato generazioni e generazioni di lettori e lettrici: in particolare sono stato attratto da un attento confronto tra due eroi tra loro “antitetici” come Ulisse (anche Odisseo) ed Achille.
Achille, l’intrepido combattente che si lancia nella lotta senza paura, senza attendere, pronto a sfidare Ettore – il più forte di tutti i Troiani – è l’emblema del coraggio, del disprezzo della morte, della lotta per la vita.
Ulisse, re di Itaca, che con l’astuzia e l’inganno dà la svolta finale alla decennale guerra di Troia e sconfigge quanti si frappongono tra lui ed il suo ritorno ad Itaca, è la furbizia per antonomasia, è colui che sa attendere l’attimo propizio, che sfugge allo scontro diretto (che probabilmente lo vedrebbe soccombere) impiegando il suo ingegno in un atteggiamento che talvolta può apparire anche “vile” rispetto al coraggioso Achille.
Possiamo concludere che Achille sembra amare la vita, tanto da affrontarla di petto, difendendola istintivamente con ardore e coraggio, mentre Ulisse sembra piuttosto odiare la morte, tanto da aggirarla ed ingannarla con la sua astuzia, unita a freddezza e lucidità proprie di uno stratega.
Ma sarà veramente così? Sarà vero che con il suo esser impulsivo ed impavido Achille veramente ama la vita? O non sarà forse che sia Ulisse quello dei due che la brami di più, tanto da utilizzare la sua scaltrezza, la sua accortezza, il suo ingegno, la sua intelligenza per evitare ogni situazione che potrebbe avere risvolti nefasti?
Il fatto che Achille, malgrado il suo ardore, la sua forza e la fama di “immortale” che lo accompagna in battaglia, trovi comunque la morte per mano di Paride (paradossalmente il personaggio più pavido tra tutti gli eroi), ci fa ancor più pensare che nell’Iliade colui che più si aggrappa alla vita è proprio Ulisse.
Quei comportamenti che lo portano spesso al rifiuto dello scontro diretto – si pensi ad esempio nell’Odissea quando si trova al cospetto di Polifemo, o a quando riesce a sfuggire al canto mortale delle Sirene – lo ergono a personaggio esemplare per tutti noi, che spesso nella ricerca di nuove sfide e nuove esperienze ci spingiamo ben oltre il limite della sicurezza.
Durante la nostra vita quotidiana, quanto siamo Achille (ci buttiamo a capofitto nel pericolo) e quanto siamo Ulisse (ragioniamo, studiamo la strategia migliore per evitare il pericolo)?
Questa è la domanda che ci dovremmo porre per capire quanto sia opportuno il nostro modo di agire, di comportarci sul lavoro, a casa, per strada.
In tal modo ci renderemmo probabilmente conto di quanto sia spesso più corretto essere riflessivi, attenti, strateghi come Ulisse e non pieni di furore e di istintività come Achille.
Capiremmo quanto sia importante prestare la massima attenzione ai rischi che possiamo incontrare lungo la nostra strada e quanto sia vitale adottare quelle strategie (o anche misure preventive) che ci permettono di vivere in maniera più sana e più sicura.
Consideriamo l’astuzia di Ulisse come attenzione e accuratezza, impariamo da lui nell’adottare comportamenti sicuri, agendo con la mente al futuro e non solo al presente.
Questo può significare davvero amare la vita, godendo di ogni suo aspetto.
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