Mi chiamo Paola, sono morta il 9 Agosto del 2019 a Cremona, in una delle più grandi e importanti acciaierie d’Italia. Ero fuori per lavoro dal lunedì, non era la prima volta che facevo questa trasferta, sapevo che era impegnativa perché là dentro si corre, non c’è tempo per molte chiacchiere… Il tempo stabilito di fine lavoro è sempre inferiore di ciò che servirebbe e dovevamo darci dentro… Sia io che i miei colleghi conoscevamo i ritmi dettati dai lavori in appalto, perciò eravamo coscienti che dovevamo restare concentrati e celeri nel procedere.
Sono morta alle 10,00 di mattina sotto una trave di ben 86 tonnellate di ferro. Ricordo di quella mattina il piazzale, il sole, il caldo, e anche il mio stato d’animo: era quello di una persona consapevole di trovare la vita e non sicuramente la morte. Ricordo tutto degli istanti precedenti al mio infortunio. Sono morta sul colpo, stavo fumando una sigaretta nella mia posizione preferita, mi sono girata e… il buio mi ha avvolta, il mio cuore si è spezzato come tutti i miei organi interni, causa del grande peso che mi ha travolta… Intorno a me gridavano il mio nome, tutti speravano nel miracolo, ma così non è stato.
La morte era lì quel maledetto 9 Agosto a prendermi.
Il mio nome non è Paola, o meglio Paola è mia moglie. Lei ha saputo della mia morte con una telefonata, colei che non ha potuto neanche darmi l’ultimo bacio, colei che oggi come ieri sarebbe disposta a dare la sua di vita pur di farmi tornare da nostro figlio Giulio. Pensate che compito ingrato: mia moglie ha dovuto dire ad un bambino di 10 anni che il suo adorato babbo non sarebbe mai più tornato da loro, mia moglie ha ancora nelle orecchie le grida di Giulio. Sì, perché lui non ha pianto. Ha solo urlato e urlato, fino allo sfinimento.
Mi chiamo Alessandro Rosi, e mai sarei voluto morire a causa della negligenza altrui, mai sarei voluto morire lontano dalla mia famiglia, non sarei mai voluto morire, MAI.
Mia moglie è una tosta, ho sempre saputo di aver scelto la donna giusta per creare una famiglia, ed eccola qua seduta alla sua scrivania tra le lacrime e il naso che cola a scrivere una lettera come se la scrivessi io. Sì, Paola lo può fare perché mi conosce bene, abbiamo trascorso insieme 23 anni e chissà quanti ne avremmo trascorsi se il profitto non mi avesse portato via dalla mia famiglia, se il dio denaro non mi avesse strappato alla mia vita.
La domanda che viene posta più frequentemente da 1 anno a Paola è: “Come stai? Come sta il vostro bambino?”. Mi domando cosa si aspettino da loro le persone, mi domando cosa si aspettino come risposta, mi domando perché chiedono una cosa del genere…
Secondo voi come stanno?
Paola non ha Mai in tutta la nostra vita pensato che potessi essere io l’anello debole. Lei si sentiva sempre protetta, si sentiva sempre al sicuro, non ha mai avuto paura né per lei né per il nostro bambino se io ero con loro. Tutti insieme eravamo invincibili, forti, sereni, speranzosi di vivere un futuro normale… Se avessi saputo… Ti avrei detto molte altre cose… se avessimo saputo, saremmo scappati mano nella mano in luoghi più lontani, se avessimo saputo avremmo protetto la nostra creatura con un’armatura a proteggergli il cuore, se avessimo saputo avremmo sconfitto l’ignoranza della non conoscenza, se avessimo saputo avremmo fatto sì che incompetenti non facessero lavori da competenti, se avessimo saputo avremmo lottato per la nostra serenità, per le nostre vite…
Dopo la mia morte Paola ha creduto e sperato che il tempo la potesse aiutare… Il tempo ti sarà amico, il tempo ti aiuterà, il tempo ti farà sentire meno dolore… TUTTI sostengono che il tempo possa lenire ciò che succede all’interno dell’anima di colei che resta ad una morte violenta, dopo una morte improvvisa, dopo una morte brutale… No cari miei, coloro che dicono e parlano dolcemente dei benefici del tempo, del passare dei giorni, mesi, anni non hanno provato in realtà la sensazione che provoca la morte, quella dura e crudele. No, NESSUNO può sapere e capire, solo coloro che piangono la morte improvvisa e violenta di un caro possono capire, condividere come lei il dolore, il cuore spezzato e l’anima tagliata crudelmente a metà.
Vi dico io che succede grazie al passare del tempo: il tempo aiuta a sentire ancora di più il dolore perché col passare dei giorni, dei mesi, la mancanza toglie il respiro, l’ansia quella vera prende il sopravvento, la disperazione arriva negli angoli più profondi dell’anima, la paura dell’imprevisto ti blocca, la rabbia predomina su qualsiasi altro sentimento, emozione… Col passare del tempo capisci che devi riscrivere tutto da capo e speri con tutta te stessa che andrà meglio, col passare del tempo forse lei riuscirà a togliere lo spazzolino da dove io l’ho lasciato… Tutto si è fermato a quel maledetto 9 Agosto, tutto!!!
In Italia si continua a morire di lavoro, cosa dobbiamo aspettare??
Quanti bambini dovranno piangere e gridare alla notizia della morte del proprio padre? Quanti madri dovranno piangere sopra una bara??? Quante mogli dovranno disperarsi per non aver dato l ultimo bacio al proprio marito???
Chiedo giustizia per Alessandro, chiedo giustizia per mio figlio, chiedo giustizia per tutte quelle famiglie che nn hanno avuto la mia forza di gridare in nome dei propri cari…
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4 commenti
Paola, purtroppo non possiamo riscrivere il passato ma possiamo ancora scrivere il futuro. La mia missione e quella di tante altre persone come Stefano Pancari, è quella di spendere tutto il nostro sapere e le nostre energie per aiutare chi decide a capire, per aiutarli a immedesimarsi, per quel poco che è possibile, nell’enorme dolore che provi. Ogni giorno ci sono degli Alessandro che possiamo salvare. Non possiamo restituire a te e tuo figlio il vostro Alessandro, non possiamo darvi giustizia, nè a te nè agli altri morti sul lavoro. Quello che possiamo fare però è evitare tutto questo immenso dolore ad altre persone. E lo continueremo a fare, con sempre maggiore vigore anche grazie alle tue parole e alla tua immensa energia e forza. Grazie Paola per averne ceduta un poco a noi con questa lettera.
Un pugno dritto allo stomaco, un pugno che toglie il fiato ma che dona voglia di agire affinché simili lettere non debbano più essere scritte.
Grazie
QUANDO PERDIAMO UNA PERSONA XARA UN PEZZO DELLA NOSTRA VITA DELLA NOSTRA STORIA FINISCE MA NON A PAROLE È COME SE TI TAGLIASSERO UN PEZZO DELLA TUA PERSONA E VIVI A METÀ. E L’ALTRA METÀ CHE RIMANE DEVE RICOSTRUIRSI.. MA GLI MANCHERÀ SEMPRE E COMUNQUE L’ALTRA METÀ CHE NE IL TEMPO E NIENTE POTRÀ SOSTITUIRE.. QUELLO CHE TUTTI ORA ANCORA DI PIÙ POSSIAMO FARE PER POTER AIUTARE SIA LA NON INDIFFERENZA.. NESSUN UOMO O DONNA DEVE LAVORARE NON SICURO E CHI LAVORA INSIEME DEVE SEMPRE E COSTANTEMENTE NON VOLTARSI DALL’ALTRA PARTE MA AIUTARE.. SI AIUTARE A URLARE CHE BISOGNA LAVORARE IN SICUREZZA.. PERCHÉ NESSUNO È IMMUNE NEL PROPRIO POSTO DI LAVORO.. PERCHÉ LA SICUREZZA È UN DIRITTO E OGGI TROPPE PERSONE MUOIONO PER LA NEGLIGENZA DI TANTI CHE SI VOLTANO E FANNO FINTA DI NON VEDERE.. COMBATTIAMO PERCHÉ NON CI SIANO DOLORI NELLE FAMIGLIE COME PAA STA PROVANDO ORA MOGLIE MAMMA MERAVIGLIOSA E GRANDE GUERRIERA.. PERCHÉ NON ACCADA PIÙ MORTI SUL LAVORO E TUTTI POSSINO TORNARE A CASA DALLA PROPIA FAMIGLIA.. GRAZIE PAOLA DELLA TUA LETTERA IL TUO DOLORE LO HAI TRASFORMATO IN FORZA PER AIUTARE ALTRE FAMIGLIE ALTRI LAVORATORI..
No, non mi vergogno… mentre leggevo questa lettera pubblicata sulla rivista dell’amico Stefano mi sono messo a piangere ed ho capito perché ho scelto di battermi per la sicurezza nei luoghi di lavoro, perché nonostante le tante bastonate prese sui denti sono ancora qui senza paura a lottare, perché non smetterò mai di impegnarmi per far capire che fare sicurezza e favorire la diffusione della cultura della sicurezza, significa amare e difendere la vita, la vita nostra, dei nostri cari, di chi ci sta attorno, perché la vita non la si perde solo fisicamente quando ci accade un incidente o una disgrazia, la vita la si perde anche psicologicamente quando chi amiamo non è più accanto a noi…