Ciao, sciogliamo subito il ghiaccio, come ti chiami e quale ruolo rivesti in azienda?
Mi chiamo Simone, sono bergamasco e mi occupo di consulenza e formazione sui sistemi di gestione, in particolare per la qualità e per la salute e sicurezza sul lavoro. E come avrebbe potuto dire l’Alberto Tomba di Gioele Dix: non son più RSPP!
Come ti sei avvicinato/a a questo lavoro e cosa ti ha fatto capire che questo è il lavoro giusto per te?
Il mio primo amore professionale è stata la qualità con la certificazione ISO 9001, che ho frequentato dopo un corso di perfezionamento post-lauream dell’Università di Bergamo. Alla sicurezza sul lavoro sono arrivato per caso (o per necessità). Al termine della mia esperienza nell’azienda di famiglia, sono rientrato nel mondo della consulenza, ma quel mondo era cambiato: un paio d’anni prima era entrato in vigore il D. Lgs. 81 e le esigenze dei clienti dello studio con cui collaboravo erano cambiate.
Nel corso della tua carriera qual è stato l’episodio che ricordi con più piacere e quale con meno?
Quello che ricordo con meno piacere mi turba ancora. Era l’ultimo giorno del mio incarico come RSPP. Quello che ricordo con più piacere è un altro evento frutto del caso: l’incontro con Andrea Fulco. Una veloce stretta di mano tra i corridoi di Safety Expo e mi sono ritrovato capace di dare forma a progetti che altrimenti avrei chiusi in un cassetto!
Quali sono le soft skills che un/una professionista in questo lavoro lavoro deve assolutamente avere?
Saper lavorare in gruppo. Non che io l’abbia particolarmente sviluppata questa competenza non tecnica, ma permette di avere a disposizione più tempo, più risorse, più informazioni, più competenze. Permette di avere una rete di sopporto nei momenti difficili e di condividere e dare valore a quelli belli.
Cosa ti aspetti nel futuro della salute e sicurezza sul lavoro? Pensi che le nuove generazioni siano più attente a queste tematiche?
Tutte le generazioni sono attente a queste tematiche. Ognuna a modo suo. Lo era anche mio papà, sebbene ritenga che il mio “non è un lavoro”. Posso dire che tra i più giovani ho incontrato maggiore disponibilità a provare quanto viene condiviso durante i corsi e a dare un riscontro in merito. Oltre a essere gratificante, è di buon auspicio.
Per concludere, quale consiglio daresti a un giovane che si avvicina a questa professione?
Tre consigli.
Frequentare personalmente e fisicamente i luoghi di lavoro di cui ci si occupa e le occasioni di formazione e aggiornamento (corsi o fiere che siano). Lasciarsi incuriosire (anche da ciò che si crede di conoscere già). Pensare sempre “come se ci fosse un domani”, un domani… di qualità!
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