Sciogliamo subito il ghiaccio, come ti chiami e quale ruolo rivesti in azienda?
Mi chiamo Alessia, sono formatore della sicurezza sul lavoro e consulente.
Come ti sei avvicinato/a a questo lavoro e cosa ti ha fatto capire che questo è il lavoro giusto per te?
È stato un caso!
Mi occupavo di appalti e sono stata spostata nel settore qualità sicurezza ambiente (QHSE) come referente. Inizialmente ero incuriosita, poi tutto si è trasformato e ho sentito di volerlo fare per dovere, coscienza e amore.
I miei giorni non finiscono con le otto ore di lavoro, ma mi portano ad una continua ricerca e miglioramento per riuscire a trasmettere il messaggio che un luogo di lavoro sicuro è vantaggioso per tutti: soprattutto mi piacerebbe far comprendere ai ragazzi che la sicurezza non è solo un DVR o un insieme di regole scritte, ma, piuttosto, qualcosa che deve riguardare tutti a livello sociale.
Nel corso della tua carriera qual è stato l’episodio che ricordi con più piacere e quale con meno?
Ricordo con molto piacere i corsi di formazione dopo i quali so di essere riuscita a trasmettere un messaggio propositivo a chi era in classe.
Allo stesso modo, mi dispiace e ricordo negativamente quando non riesco a far passare quel messaggio: perché la formazione, per me, è il fondamento della sicurezza.
Hai mai dovuto affrontare un grave infortunio di un collega? Se sì raccontaci la tua personale esperienza.
Fortunatamente no.
Quali sono le soft skills che un/una professionista del mondo della salute e sicurezza sul lavoro deve assolutamente avere?
Sicuramente deve avere capacità di problem solving e critical thinking, tanta volontà di imparare cose nuove ogni giorno e la capacità di uscire dalla propria comfort zone. Entusiasmo, determinazione e capacità di saper ascoltare.
Personalmente uso spesso la mia creatività durante la formazione utilizzando metodi alternativi, come far rappresentare e raccontare situazioni al lavoro che possono creare disagio (usando lego, cruciverba, …). Altro aspetto importante, che penso mi appartenga, è l’empatia, poiché cerco di mettermi nei panni di chi ho di fronte e di capire: questo perché è importante anche valutare le emozioni dei lavoratori.
Cosa ti aspetti nel futuro della salute e sicurezza sul lavoro? Pensi che le nuove generazioni siano più attente a queste tematiche?
Cosa mi aspetto non lo so. Siamo in un periodo in cui stanno cambiando tante cose. Penso sia importante saper ascoltare e capire le nuove generazioni (mio figlio Tommy ha 16 anni ed è quello che sto cercando di fare con lui); vivono sicuramente in un mondo complicato e credo che sia nostro compito e dovere avvicinarli alla sicurezza, rispetto a quanto fatto in passato, usando i social, facendo capire concretamente i rischi e pericoli correlati ad ogni azione che potremmo compiere e potrebbero compiere loro.
È importante coinvolgerli come attori, dandogli idee e assorbendone da loro, proponendogli mezzi e opportunità di comprensione e crescita in ambito.
Per concludere, quale consiglio daresti a un giovane che si avvicina a questa professione?
Bella domanda! Fallo con amore e passione perché è in parte insegnare e in parte curare.
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