La parola a Luca Furfaro, Consulente del lavoro Studio Furfaro

di Giorgio Nadali
Studio Furfaro

Luca Furfaro

La sicurezza sul lavoro riguarda condizioni di lavoro sicure e che promuovono il benessere dei lavoratori. Sebbene abbracci questioni tradizionalmente trattate sotto la rubrica “salute e sicurezza sul lavoro”, la sicurezza sul lavoro significa molto di più. In altre parole, non si tratta solo di meccanismi per proteggere i lavoratori da rischi professionali, malattie e infortuni; riguarda anche le cosiddette piaghe moderne dello stress, del superlavoro e del presenzialismo. E si estende alla violenza sul lavoro e all’importante area delle molestie nelle sue varie forme.

 

Secondo lei quali sono le luci e ombre della sicurezza sul lavoro in Italia?

La sicurezza sul lavoro da sempre è un tema che malauguratamente viene richiamata agli onori delle cronache, ed anche nella discussione politica, solo in occasione di disastri o storie che toccano l’opinione pubblica. Purtroppo queste “ondate” portano a valutare la sicurezza sul lavoro come un concetto più documentale che culturale. Lo stratificarsi delle norme, con la creazione di una serie di adempimenti è solo funzionale ad una tutela che è già stata sottolineata dalla Costituzione Italiana e che dovrebbe essere la base per un lavoro etico e regolare. Occorre riportare gli imprenditori ad una responsabilità morale e sociale verso gli aspetti di tutela della salute del lavoratore, mentre invece oggi viene vista solo come adempimento obbligatorio che, in caso di inosservanza, può portare a delle sanzioni di diverso genere.

 

Tre caratteristiche essenziali del welfare aziendale?

La caratteristica principale del welfare aziendale deve essere l’ascolto dei bisogni dei lavoratori, oggi più che mai abbiamo la necessità di partire da un percorso condiviso, nel quale i lavoratori si sentano parte della decisione e riescano a trovare il giusto grado di engagement con l’azienda.

Un’altra caratteristica è la flessibilità, intesa sia come forma di welfare (si pensi ad orari flessibili o smartworking) ma anche come possibilità di cambiare. I bisogni del personale cambiano, o sono fra loro differenti, e riuscire ad essere flessibili ed adattabili può dar modo di essere maggiormente aderenti a quella che è la popolazione aziendale.

Ultima ma non meno importante caratteristica del welfare aziendale è quella di essere realmente una forma di volontà solidaristica collettiva, e non un mero stratagemma di ottimizzazione fiscale. Il welfare aziendale deve essere utilizzato per il miglioramento del clima aziendale, per la responsabilità sociale e per una valorizzazione delle risorse umane. Non deve invece essere visto come una modalità di elusione fiscale e di aggiramento della capacità contributiva dei lavoratori. Il welfare, così come la sicurezza sui luoghi di lavoro, sono investimenti che alla lunga ripagano.

Quindi ascolto, flessibilità ed etica sono le tre caratteristiche che un buon welfare aziendale dovrebbe avere.

 

Ci commenti la seguente frase di Sir Brian Appleton: “La sicurezza non è un esercizio intellettuale per tenerci al lavoro. È una questione di vita o di morte. È la somma dei nostri contributi alla gestione della sicurezza che determina la vita o la morte delle persone con cui lavoriamo”

Come per il welfare aziendale anche la sicurezza aziendale deve essere un processo condiviso, una modalità di collaborazione tra impresa, management e lavoratori per arrivare al riconoscimento della centralità della sicurezza sui luoghi di lavoro. La frase ben sintetizza la necessità di collaborazione di tutti gli attori nella creazione di un ambiente lavorativo sicuro e funzionale. I rischi sono per tutti i soggetti coinvolti e solo con il confronto possono essere superati.

 

1090 morti sul lavoro in Italia nel 2022. 131 in meno del 2021. La strada è ancora lunga per la vera sicurezza. Cosa fare?

I dati devono essere contestualizzati, molte morti del 2021 sono legate al Covid inteso come infortunio lavorativo. I numeri affermano che ci sono ancora pericoli nell’attività lavorativa, ma ci hanno anche confermato che ad esempio il lavoro agile riduce il rischio legato agli spostamenti e può essere una modalità che, se applicata correttamente e con misura, potrà portare risultati anche in termini di incidenti connessi all’attività lavorativa. Occorrerebbe avere un dato molto importante, quanti di questi eventi potevano essere evitati? Esistono eventi che possono essere definiti fatalità, ma su questo numero una gran parte può e deve essere evitata.

Da non sottovalutare però i dati che oggi non sono totalmente tracciati rispetto ad una nuova piaga legata all’attività lavorativa: il rischio psicologico anche connesso alla tecnopatia.

 

Tre sfide da raccogliere per un lavoro in sicurezza

Ripensare il lavoro in chiave moderna ma senza farsi schiacciare dalla modernità, questa è la prima sfida che ci troviamo ad affrontare. In generale possiamo dire che dobbiamo sfruttare la tecnologia anche nel campo della sicurezza dovrebbe essere obiettivo prioritario. Abbiamo tecnologie Iot e Ai per scopi futili che dovrebbero essere messe al servizio di un più nobile scopo, ossia la sicurezza sui luoghi di lavoro.

L’altra grande sfida è quella di premiare effettivamente le buone pratiche, eliminare il dumping sociale basato sull’inosservanza delle norme legate alla sicurezza sui luoghi di lavoro.

La terza grande sfida è quella di raggiungere dei miglioramenti senza cadere in un iper burocratizzazione del mondo del lavoro, processo che ha già interessato diversi settori.

 

La sicurezza sul lavoro è un fatto più legale o culturale?

Sicuramente un fatto culturale; le norme sono complete, ma rispecchiano solo una necessità di conoscenza e valutazione. Come detto, se vengono viste solo come la produzione di una serie di documenti o la frequenza disinteressata a corsi, non possono portare i risultati sperati.

La cultura del lavoro deve essere rivista in generale in chiave etica, andando ovviamente a riprendere anche le motivazioni connesse alla tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro. Ripartendo dalla cultura del lavoro si può rendere un gran servizio ad imprenditori e lavoratori.

 

Come diffondere una cultura della sicurezza sul lavoro?

In linea generale penso che le attività che coinvolgono la cultura debbano partire dalla scuola, iniziare a parlare di sicurezza sul lavoro già durante i percorsi scolastici secondari (anche di primo grado) potrà formare dei bravi imprenditori, dipendenti o comunque cittadini. Questo permetterebbe effettivamente di elevare la percezione della sicurezza sui luoghi di lavoro ad uno collocazione più alta di un mero adempimento burocratico o ad un obbligo fine a se stesso.

Inoltre occorre adattare obblighi e tutele alle diverse casistiche di aziende, accentrando magari per alcune tipologie di attività gli organi di controllo. È poi necessaria una fattiva collaborazione degli enti in termini di supporto d’indirizzo e finanziario per l’adeguamento delle aziende.

 

 

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