Dove si genera questa innata necessità di combattere, tanto che, parafrasandola, “chi si ferma è perduto”? Solo, puro istinto di sopravvivenza? Chissà perché, poi, questo istinto non si tramuti quasi mai in un’urgenza da declinarsi in ogni ambito della nostra esistenza, e non solo dove faccia comodo. Forse, l’astrazione in cui nasciamo, viviamo, cresciamo, e, infine, crashamo, ci fa pensare di essere immortali. Mah. Per fortuna, anche se le apparenze spesso sembrino indicare il contrario, siamo animali sociali, quindi oltre all’istinto di cui sopra, volto al mantenimento della specie, tra le tante altre prerogative di noi esseri umani fa capolino la necessità di condividere la nostra esperienza di vita con altri soggetti, in regime di supporto e sopportazione. Tuttavia…
We are nemesis!
Nonostante il bisogno di tutto questo, ci odiamo, profondamente, in un interminabile ciclo perpetuo di tempi di guerra e tempi di apparente calma. “Uomini forti creano tempi semplici, tempi semplici creano uomini deboli. Uomini deboli creano tempi duri; tempi duri creano uomini forti”. Repeat, until. Non dovrebbe risultare complicato a nessuno stabilire quale sia il periodo in cui stiamo attualmente vivendo. Per intenderci: si discute molto più di qualche improbabile effusione in diretta nazionale, o di qualche cialtrone che scalcia i fiori in casa loro, piuttosto che soffermarci in maniera diligente su questioni possibilmente meno frivole. Qui a ROCK’N’SAFE non siamo bacchettoni, né perbenisti, ma: meno male che in quel di Sanremo qualcuno le cose serie le ha portate (nota di campanilismo: concessa; per chi non lo sapesse, siamo stati qui: https://www.casasanremo.it/writers/). Stesso luogo, stessa scena del crimine, nemesi ancora una volta: le due facce della medesima medaglia si rivelano, nel loro essere immancabili, pena la perdita dell’equilibrio che sorregge l’universo. Nemesi intesa come Giustizia riparatrice, Nemesi intesa come somma armonia, laddove il male venga compensato dal bene in ugual misura, e viceversa. Regna insomma grande confusione a centrocampo, nel filosofico derby tra dionisiaci ed apollinei, un po’ come recitano gli attuali leader del Melodeath Arch Enemy nel loro narrare un ipotetico, primigenio, ferale conflitto interiore nella pancia dell’Umanità stessa:
We walk this earth
With fire in our hands
Eye for an eye
We are nemesis
We are with you
On this vicious, oh, fight
Fighting for freedom
United, we stand, we stand
Melodeath, abbiamo scritto. Fa schifo, perdonatemi, correggiamo: melodic death metal. Svedese, per la precisione. Genere musicale comprensibilmente (e giustamente: non siamo di parte) assente nel festival, ma, IMHO (piacciono questi acronimi…), tanto nobile e tanto valevole quanto qualunque altro genere musicale proposto all’Ariston – no, ancora, errore, correggiamo: ad alcuni generi è nettamente superiore in termini di qualità, innanzitutto, e forse anche in sede di risonanza sociale/artistica. Premesso tutto questo, tessiamo le lodi del vincitore della kermesse ligure, di cui non stiamo a ricordare il nome perché chi lo sa, lo sa, e chi non lo sa, s’informi. Suvvia, erano parecchi anni che non avevamo il piacere di sentire una voce simile, dal timbro soul, con striature blues, e di siffatta, particolarissima personalità, sorretta per di più da un controllo tecnico dal così elevato tasso di difficoltà, che la sfuriata del cialtrone citato ad inizio articolo non può che far sorridere come il puerile sfogo d’un neonato in preda per la prima volta al mal de vivre. Stesso palco, altra nemesi, once again.
…Collaborazione nell’ avvicendamento, grandi personalità, sostegno e stima reciproca: e se vi dicessi che negli ultimi venti e più anni, gli heavy metal masters di cui sopra, al microfono hanno avuto proprio due donne? Ebbene sì. E quindi diciamolo, urliamolo, sfoghiamo questo peso che ci portiamo da giorni sulla coscienza: con tutto il rispetto e la stima possibili, noi dei Ferragnez non abbiamo bisogno. Basta guardare un pochino più in là di quel limitante tubo catodico, o, banalmente, aprire l’internet e …cambiare musica. Ma davvero, questa volta. E non solo per una settimana, a febbraio. E la musica non va cambiata solo in ambito… musicale.
Ashtaggo come un forsennato: #sanremo, #sanremowriters, #rocknsafe, #archenemy, #angelagossow, #alissawhitegluz. Nella foto che segue: a sinistra, Angela (dal 2001 al 2014 cantante della band, della quale ora è business manager), a destra Alissa (dal 2014, cantante e frontwoman della band). Per concludere, giusto una nota sui brani: probabilmente, il primo vi farà “digerire” i due successivi (com’era? “Penso che ancora non siate pronti per questa musica… Ma, ai vostri figli piacerà!”, giusto?); nei due pezzi conclusivi, la stessa Nemesis, cantata prima dall’una, poi dall’altra singer.
Per stavolta, nessuna nemesi: solo collaborazione, intelligenza, grandi qualità umane ed artistiche, e, per finire, …nessuna ridicola, patetica, bambinesca letterina da leggere.
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