La nostra presenza è data per scontata perché non riusciamo ad immaginare diversamente.
Il concerto del 15 settembre in memoria di Taylor Hawkins, batterista dei Foo Fighters e tra i più apprezzati al mondo, è stato uno di quegli eventi che ti porti nella memoria per le emozioni che ci ha regalato. Nella cornice dello stadio di Wembley che, pur non essendo più la stessa struttura del Live Aid e di gloriosi concerti come quello dei Queen, resta una cattedrale del calcio ma anche della musica live.
È stata una serata dove il rock ha mostrato la propria essenza. Energia, a volte rabbia, ma soprattutto persone che vivono passionalmente la vita. Dave Grohl, che ho osannato già più volte su questo magazine, non si è nascosto dietro il faccione duro e si è abbandonato alla commozione. Poi il grande Bryan May con Somebody to love e poi ancora quell’aquila, simbolo di Taylor, che presidiava con la propria luce la curva dello stadio.
Ma c’è stato un momento che più di ogni altro è valso, come si dice, il prezzo del biglietto. Ad affiancare la band per My hero si è messo alla batteria che un tempo non lontano fu del padre, Shane Hawkins, il figlio sedicenne del compianto batterista.
My Hero is ordinary è una safety song, tra le mie preferite, tanto da averla usata nella chiusura del mio Safety Talk al Safety Leadership Event del 2018. There goes my hero, he’s ordinary.
Non ho la facoltà di dire con certezza da dove arrivassero quella sua energia che sfogava su timpani e grancassa e quello sguardo che avrebbe forato anche il granito per quanto era intenso. Forse l’emozione di sedere sullo sgabello del padre o forse l’emozione di essere di fronte a migliaia di persone. Lasciatemi dire che forse quella energia era quella di un ragazzo adolescente che difficilmente riesce a darsi una risposta per la perdita del padre.
Questo è ciò a cui dobbiamo pensare ogni giorno che usciamo di casa per andare a lavorare. Tatuarsi il valore della nostra sicurezza e quella degli altri è per noi stessi e per chi ci circondano.
I figli meritano di avere genitori che rientrano a casa la sera, che sia da un tour o dal proprio lavoro. Magari non apprezzeranno quella presenza, magari staranno rinchiusi in camera o magari manifesteranno in qualche modo la loro ribellione.
Alla presenza si contrappone l’assenza, quell’assenza anticipata da una telefonata o dai singhiozzi dell’altro genitore che non sa come dire ai propri figli che non ci sei più.
Non cambia la situazione se non sei te la vittima, ma la persona che con le proprie decisioni ha causato direttamente o indirettamente un tragico evento.
Questa è la prima ragione per la quale procedure, regole e buon senso devono essere al primo posto in tutto ciò che facciamo. Questa è il senso profondo di BE SAFE! BE ROCK! perché ogni Shane ha il diritto di rullare sulla batteria con il cuore gonfio di felicità.
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