“Il Governo emana leggi che necessitano di decine di successivi chiarimenti dall’Agenzia delle Entrate per essere comprese ed applicate, e che infine vengono radicalmente modificate retroattivamente con conseguenze devastanti […]”. Risposta: “…nella domanda è raccontato in maniera mirabile la lingua opaca, le complicazioni e le trappole del burocratese, gergo incomprensibile con cui vengono redatti provvedimenti e leggi. È una scrittura che sembra fatta apposta per confondere il cittadino. C’è sempre un sovraccarico di chiarimenti e precisazioni che hanno come conseguenza l’errore, il girovagare da un ufficio all’altro o lo sconforto con la rinuncia da parte del beneficiario. Quando, per chiudere il cerchio, non si venga addirittura sanzionati per non aver fatto bene le cose secondo il controllore di turno. Perché accade tutto ciò? Possiamo immaginarci le ragioni e ognuna di loro non ci piace. Le leggi sono spesso un accumulo di spinte diverse da parte di chi le promuove e scrive; si cerca di accontentare tutti, si media fino al pasticcio. […] Da questa incertezza dell’interpretazione deriva il potere di tenere in pugno il cittadino e la possibilità che, qualche volta, il potere sconfini nella corruzione. Leggi chiare, provvedimenti semplici spazzerebbero via tutto questo”.
… citando testualmente da Lettere al Direttore (di un noto quotidiano italiano, specifico come se fosse necessario), di qualche giorno fa, abbiamo qui sopra nero su bianco la testimonianza di ciò che ormai sappiamo da tempo, di ciò che viviamo ogni giorno, talvolta a nostro favore, talaltre mettendo in saccoccia solo svantaggi, anche cospicui.
“Non per farmi gli affari tuoi, ma”… è una frase piuttosto diffusa, quando i fatti tuoi ce li vogliamo fondamentalmente fare. In riferimento a quanto sopra, “non vorremmo far polemica, ma”… E naturalmente l’osservazione permane la medesima. Benché la risposta del Direttore suoni piuttosto paterna, sinistramente rassicurante, lascia trasparire la palese esistenza di un problema di fondo, una mezza rassegnazione a quello che in altri ambiti si potrebbe definire errore trascurabile. No, meglio: errore fisiologico. Come a dire: “queste sono le inevitabili falle del sistema, tenetene conto mentre eseguite i suoi dis-ordini”. Errore/orrore. Onestamente provo una sensazione di sconforto misto disagio nell’accettare che realmente questa sia la nostra immutabile realtà. Sarebbe come piegarsi all’evidenza che beh, mille morti sul lavoro ogni anno, ormai da tanti anni, meno di così non si può. Ah, sì? È così? Quanto è bello improvvisarsi in novelli Robespierre davanti al bancone del bar, magari salendo sullo sgabello per farci notare un po’ di più, quando poi alla luce dei fatti siamo sempre quelli che cercano di infilarsi nelle vacatio legis più impervie, nelle scorciatoie monetarie, fuoriuscendone vincitori, magari premiati. Il percorso dell’eccellenza è lungo e faticoso, soprattutto per chi non vive di speculazioni a vario titolo, ma di lavoro reale, quotidiano, di mani che si screpolano, di muscoli che si stancano. E non si parla di eccellenza magniloquente fine a sé stessa, no, quella ci lascia tanto affascinanti, quanto inutili. Quello che perseguiamo è un’eccellenza fatta di buon senso, di regole chiare, di procedure semplici, di verifiche volte al concreto miglioramento. Oh, l’idealismo è passato di moda: per migliorare, servono risorse. E le risorse costano. Quindi, questi soldini spendiamoli bene. Ma soprattutto, i discorsi da bar abbiamo the guts per portarli anche altrove.
Ciò che ha compiuto, qualche settimana fa, un signore che risponde al nome di David Attenborough in occasione del suo intervento alla COP26. Il celebre e pluripremiato naturalista britannico non ha portato alcun riguardo nei confronti dei discorsi di circostanza, regalando al mondo intero una speranza, sbattuta in faccia ai vari capi di Stato presenti (riportiamo in fondo il testo integrale). Citiamo qui solo una breve frase, quella iniziale, in cui Sir Attenborough anticipa: “mentre voi trascorrerete le prossime due settimane a discutere, negoziare, persuadere e fare compromessi, come sicuramente dovete fare […]” – con quale sogghigno egli pronunci queste parole, sazia dalla fame di rivalsa verso le leggi Azzeccagarbugli di cui sopra.
E proprio a proposito di mondi spossati, disonesti, spolpati, sfruttati, come alla fine il nostro si mostra talvolta essere e non certo per colpa sua, lasciamo che sia Robert Smith a darci la sua ipnotica versione di centenario conflitto. Talmente desolante da suonare come una richiesta di indulgenza, di tregua, forse di rinascita. Chissà, magari saremo cambiati in cento anni… nel futuro. Sarà bene iniziare subito.
“Vostre eccellenze, delegati, signore e signori,
mentre voi trascorrerete le prossime due settimane a discutere, negoziare, persuadere e fare compromessi, come sicuramente dovete fare, è facile dimenticare che alla fine l’emergenza climatica si riduce a un solo numero: la concentrazione di carbonio [anidride carbonica] nella nostra atmosfera. La misura che determina, grandemente, le temperature globali e i cambiamenti in quel numero è il modo più chiaro per tracciare la nostra storia, perché definisce il nostro rapporto con il nostro mondo. Per gran parte della storia antica dell’umanità, quel numero è rimbalzato in modo estremo tra 180 e 300 parti per milione. E così anche le temperature globali. Era un mondo brutale e imprevedibile. In alcuni periodi i nostri antenati sono esistiti solo in piccole popolazioni. Ma poco più di 10.000 anni fa, quel numero si è improvvisamente stabilizzato e con esso il clima della Terra. Ci siamo trovati in un periodo insolitamente favorevole con stagioni prevedibili e tempo affidabile. Per la prima volta la civilizzazione divenne possibile e non abbiamo perso tempo nell’approfittarne.
Tutto ciò che abbiamo ottenuto negli ultimi 10.000 anni è stato reso possibile dalla stabilità in questo periodo. La temperatura globale in questo periodo non ha oscillato di più di un grado Celsius in più o in meno. Fino ad ora. L’uso dei combustibili fossili, la distruzione della natura, il nostro approccio all’industria, all’edilizia, all’apprendimento, stanno rilasciando carbonio nell’atmosfera a un ritmo e su una scala senza precedenti. Siamo già nei guai. La stabilità da cui tutti noi dipendiamo si sta spezzando. Questa storia è una storia di disuguaglianza, oltre che di instabilità. Oggi, coloro che hanno fatto di meno per causare questo problema ne sono i più colpiti. Alla fine, tutti noi avvertiremo gli impatti, alcuni dei quali ora sono inevitabili. È così che la nostra storia dovrebbe finire? La storia della specie più intelligente condannata da quella caratteristica fin troppo umana di non riuscire a vedere il quadro più ampio mentre persegue obiettivi a breve termine? Forse il fatto che le persone più colpite dai cambiamenti climatici non siano un’immaginaria generazione futura, ma i giovani che vivono oggi, forse questo ci darà lo slancio di cui abbiamo bisogno per riscrivere la nostra storia, per trasformare questa tragedia in un trionfo. Dopotutto, siamo i più grandi risolutori di problemi che siano mai esistiti sulla Terra.
Ora comprendiamo questo problema, sappiamo come fermare l’aumento di quel numero e farlo tornare indietro. Dobbiamo fermare le emissioni di carbonio in questo decennio. Dobbiamo ricatturare miliardi di tonnellate di carbonio dall’aria. Dobbiamo concentrarci sul mantenere l’obiettivo di 1.5 gradi a portata di mano. Una nuova rivoluzione industriale alimentata da milioni di innovazioni sostenibili è essenziale e sta già iniziando. Condivideremo tutti i vantaggi di un’energia pulita a prezzi accessibili, aria salubre e cibo a sufficienza per sostenerci tutti. La natura è un alleato chiave, ogni volta che ripristineremo l’ambiente naturale esso ricatturerà il carbonio dall’atmosfera e ci aiuterà a riportare l’equilibrio nel nostro pianeta. Mentre lavoriamo per costruire un mondo migliore, dobbiamo riconoscere che nessuna nazione ha portato a termine il proprio sviluppo perché nessuna nazione avanzata è ancora sostenibile. Tutti hanno davanti un percorso ancora da completare in modo che tutte le nazioni abbiano un buon tenore di vita e una piccola impronta ambientale. Dobbiamo ancora una volta imparare insieme come raggiungere questo obiettivo, assicurandoci che nessuno sia lasciato indietro. Dobbiamo sfruttare questa opportunità per creare un mondo più equo e la nostra motivazione non dovrebbe essere la paura, ma la speranza.
Tutto sommato, la questione si riduce a questo: le persone che vivono oggi, le generazioni che verranno, guarderanno a questa conferenza e considereranno una cosa: quel numero ha smesso di aumentare e ha iniziato a diminuire a causa degli impegni presi qui? Ci sono tutte le ragioni per credere che la risposta possa essere sì. Se lavoriamo divisi, siamo una forza abbastanza potente da destabilizzare il nostro pianeta, certamente. Se lavoriamo insieme, siamo abbastanza potenti da salvarlo. Nella mia vita, sono stato testimone di un terribile declino. Nel corso della vostra vita, potreste e dovreste assistere a una meravigliosa ripresa. Quella disperata speranza, signore e signori, delegati, eccellenze, è il motivo per cui il mondo sta guardando a voi e per cui siete qui. Grazie”.
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